Minigonna

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Disambiguazione – Se stai cercando le minigonne laterali delle automobili (componenti estetici e aerodinamici della carrozzeria), vedi Minigonne.
File:Minirock (Lack) Model Dani 1.jpg
Modella con minigonna nera in PVC

La minigonna, generalmente detta mini[1], è un tipo di gonna con l'orlo inferiore che arriva molto sopra le ginocchia (lunghezza variabile a seconda dei modelli, nei primi 10/15 cm o più sopra la linea delle ginocchia[2]), mostrando quindi parte della coscia. Può essere aderente (eventualmente con spacco centrale o laterale) o meno ed è realizzata in vari tessuti (jeans, similpelle, cotone, PVC, ecc.). Generalmente la sua ideazione viene indicata come opera della stilista britannica Mary Quant (ma la vera origine è dibattuta e contesa da altri stilisti) e divenne popolare dagli anni sessanta, da molti considerata uno dei simboli della Swinging London.

La lotta per la riduzione della gonna

Ginnaste durante un'esibizione nella Germania nazista, nel 1941. L'uniforme sportiva comprendeva una simil-minigonna.

A partire dalla fine del XIX secolo i primi movimenti femministi iniziarono a ritenere le gonne portate allora troppo scomode: queste erano costituite da tessuti pesanti, lunghe fino a terra o poco meno e spesso indossate sopra a sottovesti altrettanto lunghe[3]. Con l'aprossimarsi alla fine del secolo la femminista francese Hubertine Auclert arrivò a creare la Lega per le gonne corte, raccogliendo la rivendicazione di molte donne per un abbigliamento più comodo e che garantisse una maggiore autonomia di movimento[3].

Durante la prima guerra mondiale si iniziò a diffondere l'uso dei pantaloni tra le donne che lavoravano in fabbrica al posto dei mariti partiti per il fronte[3], ed al termine di questa la lunghezza delle gonne si accorciò rapidamente[4]: negli anni venti, i vestiti indossati dalle giovani donne arrivavano al massimo sopra il ginocchio, ma erano ancora ampiamente diffuse gonne più lunghe. In risposta a questi primi timidi cambiamenti negli Stati Uniti vennero varate leggi per regolare la lunghezza minima delle gonne[3].

La rivoluzione nel vestiario e in generale nel look femminile continuò comunque ad avanzare anceh dopo la guerra: la stilista Coco Chanel, tra le protagoniste di questa fase, individuava proprio la lunghezza dei capelli e della gonna tra i principali parametri di questo cambiamento[5]. Nei modelli presentati da Chanel, molto più semplici come disegno rispetto alla moda precedente, si abbandona l'uso dei corsetti e la gonna si riduce fin sotto il ginocchio, impiegando per questa anche il tessuto Jersey (di lana e seta), ritenuto fino ad allora caratteristico delle classi più proletarie. L'uso di una minore quantità di tessuto impiegato e il disegno semplice, che gli permette di adattarsi facilmente a più taglie, assicura a questo tipo di vestiario lanciato da Chanel una più facile diffusione commerciale.[6]

Indumenti simili a minigonne iniziano a fare la loro comparsa, seppur in campi che esulano l'abbigliamento di tutti i giorni, come nel caso delle uniformi ginniche: durante i Giochi della VII Olimpiade del 1920 la tennista francese Suzanne Lenglen indossò un abito prodotto dallo stilista Jean Patou in cui la gonna arrivava fino al ginocchio[7], mentre pochi anni dopo, nei II Giochi olimpici invernali del 1928, fu la quindicenne pattinatrice norvegese Sonja Henie ad indossare per prima in quello sport un abbigliamento dotato di gonna corta[8], che permetteva una maggiore libertà di movimento alle atlete[9].

Origine e la prima diffusione

L'origine della minigonna è generalmente accreditata nel 1963[10] (o in altre fonti nel 1965[11][2]) per opera della stilista britannica Mary Quant[5], che fu ispirata dall'automobile Mini e che a partire dalla fine degli anni '50 aveva iniziato a proporre abiti sempre più corti.

La paternità non è però condivisa da tutti i critici e storici della moda: in Francia per esempio il designer André Courrèges è spesso citato come inventore della mini-jupe, mentre altri autori (come la giornalista Marit Allen, firma in quegli anni dell'edizione britannica di Vougue), citano lo stilista e costumista John Bates (suoi alcuni degli abiti di Diana Rigg nella serie The Avengers)[12]. Lo stilista austriaco natualizzato californiano Rudi Gernreich (già noto per aver presentato negli Stati Uniti nel 1964 un costume da bagno pensato per il topless[13]) viene presentato dalla stampa della seconda metà degli anni '60 come uno degli anticipatori che, con i suoi modelli, hanno alzato sensibilmente sopra il ginocchio l'orlo delle gonne vendute nel mercato statunitense[14]. La nascita della minigonna, seppur non come abito da indossare normalmente, è attribuita anche a Helen Rose, che produsse alcune gonne molto corte per i costumi di scena (in parte ispirati alle tuniche romane) dell'attrice Anne Francis nel film di fantascienza Il pianeta proibito (Forbidden Planet), girato nel 1956, quasi un decennio circa prima della nascita ufficiale dell'indumento[15].

Sposa in minigonna ad Auckland, nel 1968. La diffusione della "mini" influenzò anche indumenti generalmente più casti, come gli abiti da sposa, i tailleur con gonna o il tubino.

Questidi battiti per la paternità non sono comunque anomali, è da ricordare infatti, come già detto, che simili capi di vestiario erano effettivamente già stati impiegati in precedenza, per esempio per le divise delle sportive, ed era comunque da diversi decenni che gli abiti e le gonne stavano divenendo sempre più corti. La stessa Mary Quant affermerà che:

(FR)

«Ni moi, ni Courrèges n'avons eu l'idée de la minijupe. C'est la rue qui l'a inventée.»

(IT)

«Né io né Courrèges abbiamo avuto l'idea della minigonna. E' stata la strada ad inventarla.»

Se le primissime minigonne presentate da Mary Quant, per essere definite tali, dovevano aver in lunghezza che le facesse arrivare a due pollici sopra il ginocchio (circa 5,1 cm), nell'arco di un anno erano generalmente considerate tali quelle che arrivavano a scoprire almeno quattro pollici sopra il ginocchio (circa 10,2 cm)[17].

La minigonna si diffuse anche grazie all'ampio interesse di stilisti e esperti di moda. André Courrèges incluse per esempio una minigonna, meno aderente e portata con stivaletti (i Go-go boots), per la sua collezione Mod della primavera estate del 1965, introducendola quindi nella cosiddetta alta moda. Diversi fotografi come Helmut Newton o Richard Avedon immortalarono nelle loro opere le più famose modelle del momento (Twiggy, Jean Shrimpton, ecc..) in foto che evidenziavano le loro gambe lasciate in vista da minigonne o abiti molto corti[5] In televisione e al cinema divenne sempre più presente, come nella serie classica di Star Trek (1966/69), in cui il produttore Gene Roddenberry decise di renderla parte integrante delle divise dell'equipaggio femminile dell'astronave, a rimarcare come quell'indumento, al tempo ancora non completamente accettato dalla visione conservatrice della società, nel futuro pensato per la serie avrebbe potuto avere una diffusione ben più ampia[18]. Non tutti gli stilisti però apprezzarono la gonna, che ricevette diverse critiche: per esempio Chanel, nonostante il suo contributo dato alla rivoluzione dello stile femminile che farà da apripista a questo capo di vestiario, la considerava indecente, citando il parere di Christian Dior (morto alcuni anni prima) che riteneva il ginocchio la parte pià brutta del corpo[19] </ref>.

L'uso della "mini", che scopriva le gambe, ha reso in questo periodo sempre meno diffuso l'impiego di calze e giarrettiere, a cui venivano preferiti i collant (introdotti sul mercato proprio alla fine degli anni '50)[20][21] o, più recentemente, i fuseaux e i leggings[22]. Mary Quant citò proprio la presenza di collant e simili, che rappresentavano un ulteriore copertura per le parti intime femminili, in una sua difesa della minigonna contro le legislazioni che volevano vietarla[23]:

(EN)

«In European countries where they ban mini-skirts in the streets and say they're an invitation to rape, they don't understand about stocking tights underneath.»

(IT)

«Nelle nazioni europee dove vengono vietate le minigonne nelle strade, dicendo che sono un invito allo stupro, non comprendono l'uso delle calze»

Per quello che riguarda l'Italia, la minigonna inizia a diffondersi nel 1966, ma rimane per diverso tempo un indumento mal visto dall'opinione pubblica, indossato nel chiuso dei locali da ballo. Si registrarono casi di ragazze che vennero denunciate, quando la gonna indossata in pubblico era considerata troppo corta.[24] A cercare contrastare la diffusione delle minigonne non vennero usate solo questioni di morale pubblica per lo scandalo che questa poteva provocare, anche diversi medici iniziarono ad indicare nel nuovo indumento la possibile causa di reumatismi e futuri problemi circolatori[25].

In parte per massimizzare una sorta di spirito di ribellione, dovuto al poter mostrare liberamente ciò che era considerato scandaloso e volgare (erano gli anni dei movimenti sessantottini), in parte per i dettami di alcuni stilisti che puntavano molto all'effetto pubblicitario di questi scandali, le minigonne in breve si accorciarono drasticamente, fino ad arrivare in alcuni modelli a soli pochi centimetri dalla biancheria intima che copriva i genitali, divenendo anche un simbolo della conquistata libertà sessuale femminile.

Gli anni '70

Ragazze al Rhodes College di Memphis (Tennessee, USA) nel 1973

Con l'arrivo della metà degli anni '70 questa tendenza iniziò però ad invertirsi. Il giornalista britannico Christopher Booker, nel suo libro The Seventies: portrait of a decade (1980), motivò queste modifiche al capo di abbigliamento sia in base al fatto che ormai non era possibile accorciarlo ulteriormente ("there was almost nowhere else to go ... the mini-skirts could go no higher"), che all'impressione da oggetti plasticosi o "'dolly birds'"[26] che rischiavano di suscitare le ragazze vestite in minigonna e soprabito Mackintosh di PVC (l'accoppiata dettata dalla moda del periodo).[27]

Un altro motivo che spinse all'allungamento della gonna furono le proteste del movimento femminista: se in un primo tempo le gonne e la possibilità di vestirsi in maniera sexy (oltre a poter vivere più liberamente le proprie esperienze sessuali) erano sembrate delle novità da indicare come un'evoluzione positiva nella condizione delle donne, col tempo questo abbigliamento rischiava (nell'ottica di alcuni gruppi femministi) di farle considerare solo come degli oggetti sessuali. In quegli anni iniziavano peraltro ad essere poste sotto accusa anche diverse campagne pubblicitarie, che puntavano sulla minigonna per evidenziare l'avvenenza delle modelle, richiamando così l'attenzione su prodotti che non avevano nulla a che fare né con l'abbigliamento, né con l'universo femminile[28]. In pochi anni la minigonna era quindi passata da simbolo delle nuove libertà e della conquistata indipendenza (anche economica) delle donne, indossata a volte in modo volontariamente eccessivo come forma di provocazione, a capo di vestiario da boicottare perché legato alla figura della donna-oggetto.

Nonostante questo cambio di rotta, la minigonna non sparì mai del tutto, né dalla vita comune, né nel mondo dello spettacolo e della moda. In questo periodo, con l'eclissarsi della minigonna, si diffonde la moda degli short, spesso di jeans, come quelli indossati dall'attrice Catherine Bach nella serie televisiva Hazzard (1979-1985), che divennero noti proprio come Jeans Daisy-Duke (dal nome del suo personaggio) e degli hot pants[11] (anche questi ultimi vedono tra i loro inventori la stilista Mary Quant[29]): entrambi scoprivano le gambe come, se non più, delle minigonne, ma risultavano più pratici in quanto permettevano una maggiore libertà di movimento, oltre a proteggere e coprire maggiormente la zona intima.

Gli anni '80

Con l'avanzare gli anni '80 la minigonna tornò di moda[5] e si diversificò in modelli molto differenti (per tipo di tessuto, taglio, ecc...), pur non raggiungendo mai né una forma così corta, né la diffusione che aveva raggiunto nel suo primo decennio di vita. Tra i modelli che si affermarono vi sono il Rah-rah skirt, non aderente e con una base larga, in grado di coprire meglio le gambe in posizione seduta, ispirato a quello tipico delle cheerleader statunitensi[30] (che a partire dalla fine degli anni '60 avevano fatto di questo tipo di minigonna una parte integrante delle loro uniformi[31]), e il puffball skirt (nota anche come bubble skirt)[32] .

Durante questo decennio la minigonna, nelle sue varie incarnazioni, iniziò ad essere indossata anche da personaggi pubblici non appartenenti al mondo dello spettacolo, come la principessa Diana[33], oltre a continuare ad essere impiegata da cantanti ed attrici, che a volte ne fecero una delle loro caratteristiche più identificabili (come il duo pop britannico Pepsi & Shirlie o la cantante Deborah Harry del gruppo statunitense Blondie).

Dagli anni '90 ad oggi

Una delle caratteristiche della moda giapponese Kogal, diffusasi a partire dagli anni novanta e diversificatasi in vari sottogeneri, è l'uso di diversi tipi di minigonna.

Con l'arrivo degli anni '90 e dei primi anni del 2000, telefilm e serie televisive di successo (e dal target variegato) come Friends (1994-2004), Caroline in the City (1995-1999), Sex and the City (1998-2004) o Ally McBeal (1997-2002) riportarono alla ribalta questo tipo di indumento, indossato spesso in scena dalle attrici protagoniste. Una famosa sequenza del film Basic Instinct (realizzato nell'anno 1992, in cui la protagonista Sharon Stone in realtà indossava un corto tubino), ripetutamente ripresa e/o parodiata da altre pellicole e produzioni televisive, ha diffuso tra il grande pubblico l'idea della minigonna portata senza calze e senza intimo, tematica legata sia all'esibizionismo che al voyeurismo fotografico dell'upskirt, oltre a rilanciare fortemente nell'immaginario collettivo le gambe come zona del corpo femminile usata nella seduzione.

In Italia, soprattutto tra le più giovani, ebbe forte influenza l'abbigliamento delle ragazze di Non è la RAI (1991-1995), programma criticato spesso proprio per i costumi di scena, ritenuti eccessivamente ammiccanti per le protagoniste per larga parte ancora adolescenti. Lo stesso regista ed autore, Gianni Boncompagni, aveva precedentemente realizzato alcune edizioni del programma settimanale Domenica In, dove le numerose ragazze in studio indossavano tutte "divise" uguali, rigorosamente comprensive di minigonna. Vero simbolo televisivo della "minigonna italiana" di questo decennio sarà però la più matura Alba Parietti, le cui gambe, messe abilmente in mostra dai costumisti, dagli scenografi e dalla regia di Galagol (Telemontecarlo 1990/91, 1991/92 e 1995/96) e Domenica In (Rai Uno, 1992/93), tramite abiti e gonne cotrissimi ed alti sgabelli, divennero una delle "caratteristiche" più dibattute di questi programmi[34][35][36].

Microgonna di jeans, i modelli hanno solitamente "lunghezze" inferiori ai 20 cm.

Nella seconda metà della prima decade degli anni 2000 i pantaloni a vita bassa hanno in parte scalzato la minigonna e gli hot pants dal podio dell'"abito più provocante", oltre ad attirare su di loro lo stesso tipo di critiche, relative alla supposta volgarità, che negli anni '60 e '70 venivano indirizzate alle mini. Nell'abbigliamento di tutti i giorni le minigonne continuano tuttavia ad essere usate diffusamente, anche nei mesi invernali, dove sono sovente abbinate a pantaloni aderenti come i leggings, i fuseaux o collant pesanti. La principale differenza, rispetto ai decenni precedenti, è l'abitudine tra le donne di indossare l'indumento anche sopra i 30 anni, cancellando quindi l'immagine che lo voleva capo di abbigliamento destinato solo alle ragazze più giovani[37][38]. Mode provenienti dall'oriente, come lo stile Kogal o il Gothic Lolita, hanno portato al diffondersi in occidente, per ora ancora marginale, di minigonne derivate dall'uniforme scolastica giapponese o le gonne "gotiche" portate insieme ad una specie di crinolina. Nel 2005 in Gran Bretagna la catena di grandi magazzini Harvey Nichols effettuò un sondaggio tra i suoi clienti per individuare il capo di vestiario più amato: la minigonna ottenne il primo posto[39][40].

Per quello che riguarda il mondo della moda la gonna è stata sempre presente, seppur con variazioni nella sua lunghezza e nella frequenza della sua presenza nelle linee di vestiario presentate nelle varie collezioni annuali. A metà degli anni '90 alcuni stilisti (tra cui Valentino) ed alcuni critici di moda, in controtendenza rispetto ai modelli che stavano proponendo la televisione e il cinema, avevano annunciato l'abbandono della minigonna, considerata ormai un indumento del passato[41][42], ma già pochi anni dopo questa è tornata prepotentemente sulle passerelle[43][44][45][46], per arrivare poi, nella seconda metà della prima decade del XXI secolo, ad accorciarsi ulteriormente (o ad essere nuovamente sostituita dai più corti e meno impegnativi hot pants)[5][47][48][49].

Negli ultimi anni le minigonne estremamente corte (sotto i 20 cm di lunghezza), rinominate "microgonne" o, nel mondo anglosassone, "belt-skirt" (letteralmente "cintura-gonna"), a volte di jeans, come già scritto sono tornate ad essere presenti nelle sfilate, oltre ad essere indossate in scena dalle appartenenti al mondo dello spettacolo, tuttavia rimangono poco diffuse nell'abbigliamento normale, se non quando portate come aggiunta sopra pantaloni, calze coprenti o ai già citati leggings. Gli stilisti e le riviste di moda nelle collezioni 2009 e 2010 (soprattutto per i mesi invernali) propongono queste gonne cortissime anche in abbinamento ad un altro revival della moda dei decenni passati, quello degli stivali alti sopra il ginocchio, detti cuissarde[50].

Galleria fotografica

Note

  1. ^ mini, in Il Vocabolario Treccani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana, 1992.
  2. ^ a b Voce Minigonna sulla Grande Enciclopedia De Agostini, volume XIII, De Agostini Editore, 1986, pag 121
  3. ^ a b c d La gonna da prigione a bandiera di libertà, articolo de La Repubblica, del 16 maggio 2010
  4. ^ (DE) Der Minirock -- die Enthüllung des Frauenbeins
  5. ^ a b c d e Patrizia Calefato, Mass moda. Linguaggio e immaginario del corpo vestito, Meltemi Editore, 2007, ISBN 978-88-8353-548-2, pag 89 e seguenti
  6. ^ Giulia Mafai, Storia della moda, Editori Riuniti 1998, ISBN 8835946069, pag 109 e 110
  7. ^ (FR) Thierry Terret e Phillipe Liotard, Sport et genre: Volume 2, Excellence féminine et masculinité hégémonique, Paris, L'Harmattan, p. 87, ISBN 2-7475-9564-1
  8. ^ (FR) Saint-Moritz 1928 - Les anecdotes
  9. ^ (EN) }Scheda di Sonja Henie, nella classifica delle 100 migliori atlete femminili di Sports Illustrated
  10. ^ La minigonna compie quarant'anni, Riccione le dedica una grande festa. Una vigilia di Pasqua insolita., articolo del sito dell' Associazione Internazionale del Diritto dell'Arte
  11. ^ a b Daniele Pittèri, L'intensità e la distrazione. Industrie, creatività e tattiche nella comunicazione - Volume 16 di Cultura della comunicazione, FrancoAngeli, 2006, ISBN 978-88-464-7300-4, pag 124
  12. ^ (EN) Garments worn by Marit Allen, articolo della sezione moda del sito del Victoria and Albert Museum
  13. ^ (EN) Peggy Moffitt in Rudi Gernreich, Topless Swimsuit, 1964, foto opera di William Claxton
  14. ^ (EN) Fashion: Up, Up & Away, articolo di TIME, del 1 dicembre 1967
  15. ^ (EN) Galleria fotografica del film Il pianeta proibito (Forbidden Planet, 1956), su Internet Movie Database
  16. ^ (FR) François Baudot, Mode du siècle, éditions Assouline, août 1999, ISBN 2-84-323159-0, pag 204
  17. ^ Samantha Bleikorn, The Mini Mod Sixties Book, Last Gasp, 2005, ISBN 978-0-86719-642-9, pag 23
  18. ^ Ilaria Marzia Orsini, Star Trek e le frontiere della fantascienza: rappresentazioni, generi, linguaggi, Editrice UNI Service, 2006, ISBN 978-88-88859-83-5, pag 56
  19. ^ (FR) (I can't get no) satisfaction, articolo de Le Monde, del 13 luglio 2005
  20. ^ 50 anni di Collant La calza rivoluzionaria che inventò le gambe, articolo de La Repubblica, del 9 marzo 2009
  21. ^ Giulia Mafai, Storia della moda, Editori Riuniti 1998, ISBN 8835946069, pag 115
  22. ^ Il fuseaux diventa legging e segna il passaggio alla moda postmoderna, articolo de La Repubblica, del 10 dicembre 2007
  23. ^ a b (EN) Alison Adburgham, Mary Quant. Interview with Alison Adburgham, The Guardian, 10 October 1967
  24. ^ Daniela Calanca, Identikit del Novecento: conflitti, trasformazioni sociali, stili di vita, Donzelli Editore, 2004, ISBN 978-88-7989-844-7, 318
  25. ^ Laura Cocciolo e Davide Sala, Storia illustrata della moda e del costume, Giunti Editore, 2004, ISBN 978-88-440-2881-7, pag 263
  26. ^ Termine inglese che significa "giovane donna sexy", ma che può avere valenza denigratoria, indicando una donna vestita in maniera eccessivamente provocante, si veda [1]
  27. ^ Christopher Booker, The Seventies : portrait of a decade, Penguin Books Ltd, 1980, ISBN 978-0-14-005783-6
  28. ^ Si vedano per esempio le pubblicità della Innocenti relative alla Lambretta e alla Mini rispettivamente del 1967 con la modella Jean Shrimpton, e del 1972 con Raffaella Carrà, riportate dal sito Old Motorcycles Wallpapers
  29. ^ Carlo Masi, Love generation: l'amore al tempo degli hippies - Volume 28 di Contatti Nuova serie, Castelvecchi, 2005, ISBN 978-88-7615-087-6 pag 118
  30. ^ (EN) Rah-rah skirt, dal dizionario Encarta
  31. ^ (EN) Mary Ellen Hanson, Go! fight! win!: cheerleading in American culture, Popular Press, 1995, ISBN 978-0-87972-680-5, pag 84
  32. ^ (EN) Clothes of the Eighties, Puffball Skirts, dal sito In the 80s
  33. ^ (EN) [Puff it], articolo di The Guardian, del 7 marzo 2005
  34. ^ A cura di Aldo Grasso, Enciclopedia della televisione (terza edizione), Garzanti Editore, pag 316
  35. ^ Le gambe di Alba son proprio perfette?, articolo de La Repubblica, del 28 novembre 1990
  36. ^ A cura di Aldo Grasso, Enciclopedia della televisione (terza edizione), Garzanti Editore, pag 566
  37. ^ L' indice della minigonna Più corta dopo i 30 anni, dal Corriere della Sera del 3 settembre 2009
  38. ^ (EN) Nice bit of skirt, dal The Observer del 10 maggio 2009
  39. ^ E la microgonna di Mary Quant l' indumento più amato di tutti tempi, articolo di Repubblica, 22 febbraio 2005
  40. ^ Alle donne piace cortissima È la minigonna il capo più amato, articolo di Repubblica, del 21 febbraio 2005
  41. ^ Quelle veneri sadiche venute da altri mondi, articolo di Repubblica, del 20 marzo 1991
  42. ^ Minigonna, processo a un mito, articolo di Repubblica, del 16 febbraio 1995
  43. ^ Moda, torna la voglia di minigonna, articolo de Il Corriere della Sera, del 1 marzo 1999
  44. ^ Quelle Barbie senza pudore, articolo di Repubblica, del 1 marzo 1999
  45. ^ La minigonna ha 40 anni gambe nude in defilé, articolo di Repubblica, del 24 settembre 2002
  46. ^ Su le gonne, torna la mini, articolo de Il Corriere della Sera, del 23 maggio 2004
  47. ^ L'estate della vanità ha scoperto le gambe, articolo di Repubblica, del 5 febbraio 2007
  48. ^ Donne con le gonne ma soltanto micro, articolo di Repubblica, del 19 marzo 2007
  49. ^ Milano riscopre la minigonna, articolo de L'espresso moda, del 26 settembre 2006
  50. ^ Si veda per esempio Un'estate in minigonna... E quest autunno?, editoriale del 27 luglio 2010 di Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia, dal sito ufficiale della rivista
  51. ^ Si veda per es Multe a chi mostra troppo, articolo relativo agli Australian Open

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