Rapporti tra servizi segreti italiani e criminalità: differenze tra le versioni

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Ad incolpare Contrada erano soprattutto le dichiarazioni di quattro pentiti di mafia:<ref>[http://www.brunocontrada.info/arresto.php BRUNO CONTRADA - il caso - L'arresto]</ref> [[Tommaso Buscetta]], Giuseppe Marchese,<ref>[http://www.google.it/url?sa=t&source=web&cd=17&ved=0CFAQFjAQ&url=http%3A%2F%2Fwww.radioradicale.it%2Fsoggetti%2Fgiuseppe-marchese%3Fpage%3D1&ei=kii7TKzqGMHBswbin4y7DQ&usg=AFQjCNFXgRiKFuCUBVbCYdMcxNTZjWlUPQ Giuseppe Marchese | RadioRadicale.it]</ref> [[Gaspare Mutolo]] e Rosario Spatola.<ref>[http://www.repubblica.it/online/fatti/spatola/spatola/spatola.html la Repubblica/fatti: Arrestato a New York il boss amico di Sindona]</ref> Nondimeno, l'allora [[Capo della polizia e direttore generale della pubblica sicurezza|Capo della Polizia]] Vincenzo Parisi <ref>[http://poliziadistato.it/articolo/1479-Vincenzo_Parisi Vincenzo Parisi (Poliziadistato.it)]</ref> si prodigò in una difesa plateale dell'indagato.<ref>''[[la Repubblica]]'' 27 dicembre 1992</ref> [[Antonino Caponnetto]] giudicò incauta la posizione assunta da Parisi.<ref>''[[La Stampa]]'' 28 dicembre 1992</ref> Violante, nel frattempo divenuto presidente della [[Commissione parlamentare Antimafia]], parlò in proposito di "caratteristica strutturale" circa il rapporto di [[Cosa nostra]] con il potere.<ref>''[[Il Messaggero]]'' 2 gennaio 1993</ref>
Ad incolpare Contrada erano soprattutto le dichiarazioni di quattro pentiti di mafia:<ref>[http://www.brunocontrada.info/arresto.php BRUNO CONTRADA - il caso - L'arresto]</ref> [[Tommaso Buscetta]], Giuseppe Marchese,<ref>[http://www.google.it/url?sa=t&source=web&cd=17&ved=0CFAQFjAQ&url=http%3A%2F%2Fwww.radioradicale.it%2Fsoggetti%2Fgiuseppe-marchese%3Fpage%3D1&ei=kii7TKzqGMHBswbin4y7DQ&usg=AFQjCNFXgRiKFuCUBVbCYdMcxNTZjWlUPQ Giuseppe Marchese | RadioRadicale.it]</ref> [[Gaspare Mutolo]] e Rosario Spatola.<ref>[http://www.repubblica.it/online/fatti/spatola/spatola/spatola.html la Repubblica/fatti: Arrestato a New York il boss amico di Sindona]</ref> Nondimeno, l'allora [[Capo della polizia e direttore generale della pubblica sicurezza|Capo della Polizia]] Vincenzo Parisi <ref>[http://poliziadistato.it/articolo/1479-Vincenzo_Parisi Vincenzo Parisi (Poliziadistato.it)]</ref> si prodigò in una difesa plateale dell'indagato.<ref>''[[la Repubblica]]'' 27 dicembre 1992</ref> [[Antonino Caponnetto]] giudicò incauta la posizione assunta da Parisi.<ref>''[[La Stampa]]'' 28 dicembre 1992</ref> Violante, nel frattempo divenuto presidente della [[Commissione parlamentare Antimafia]], parlò in proposito di "caratteristica strutturale" circa il rapporto di [[Cosa nostra]] con il potere.<ref>''[[Il Messaggero]]'' 2 gennaio 1993</ref>

In particolare, la tesi sostenuta da Mutolo era inquietante. La mafia a suo avviso era un'organizzazione dalla spiccata natura anticomunista, che aveva servito la causa atlantica sia portando voti alla Democrazia Cristiana, sia contrastando con ogni mezzo le iniziative delle formazioni progressiste (l'esempio più tristo è naturalmente la [[strage di Portella della Ginestra]]).


== Note ==
== Note ==

Versione delle 19:36, 17 ott 2010

Template:Voce principale Anche i servizi segreti italiani, come ogni altra organizzazione del medesimo genere, hanno avuto molteplici connessioni con la criminalità, sia di tipo comune, sia di matrice terroristica. Si possono fare esempi disparati, per epoca e per luogo, in proposito. La Repubblica Serenissima faceva ampio ricorso a comuni delinquenti per i suoi assassinii di Stato.[1]

L'argomento è particolarmente delicato, sia perché si presta ad ovvie speculazioni politiche, sia perché in tutte le operazioni sotto copertura è generalmente arduo distinguere tra lecito ed illecito nell'azione dell'infiltrato.

Cercheremo, per quanto possibile, di esaminare la questione facendo appello a fonti documentali, storico-processuali, benché intuitivamente si tratti di materia tipicamente celata da depistaggi, inquinamenti di prove e opposizioni del segreto di Stato.


Piazza Fontana

Piazza Fontana (Milano) con le due lapidi dedicate a Giuseppe Pinelli
Lo stesso argomento in dettaglio: Strage di piazza Fontana.

Poco dopo l'attentato alla Banca Nazionale dell'Agricoltura (1969), il SID tentò di accreditare la tesi secondo cui autore materiale era Mario Merlino, su istigazione di Stefano Delle Chiaie (entrambi già ricordati nella voce principale) e —indirettamente— di Yves Guérin-Sérac.[2] È lecito supporre che tale pista fosse deliberatamente falsa, come suggerirebbe la circostanza che, fantasiosamente, il servizio etichettasse Merlino quale "filocinese", e Guérin-Sérac [3] come "anarchico", per lo meno nel primo rapporto SID (16 dicembre 1969). In un secondo rapporto, Merlino diventava "anarchico" (il che era parzialmente vero)[4] mentre sull'anarchismo di Guérin-Sérac si aggiungeva oscuramente «a Lisbona non è nota la sua ideologia».[5] In un terzo rapporto, indirizzato all'Ufficio «D» (mentre il secondo era stato preparato per gli organi di polizia giudiziaria) si dava anche prova di conoscere piuttosto dettagliatamente i precedenti politici di Guérin-Sérac, tra cui la militanza nelle SS della Repubblica di Vichy.[6] L'Ufficio «D» raccomandò di sottacere a carabinieri e polizia l'effettiva appartenenza anticomunista di Guérin-Sérac.[7] Questo depistaggio è sorprendente, ove si ricordi che inizialmente si era cercato di incolpare Valpreda e compagni; è stato ipotizzato che il SID presentisse che quel filone d'indagine si sarebbe presto smontato, e pertanto volesse fornire una traccia internazionale e non verificabile, poiché riferita a sospetti che erano riparati in Portogallo, paese il cui regime fascistoide impediva ogni possibilità di approfondimento investigativo.[8]

Quando, nel 1973, gli inquirenti si indirizzarono verso Giannettini,[9] il SID —contro ogni verosimiglianza [10]— negò di possedere informazioni su costui; successivamente ne agevolò la latitanza all'estero, assieme a quella dell'altro imputato Marco Pozzan,[11] ed al contempo propose vanamente a Ventura di farlo evadere dal carcere di Monza.[12] Per le operazioni di espatrio clandestino, il SID si avvaleva di una struttura, denominata Nucleo Operativo Diretto (NOD),[13] e di una sede di copertura vicina a Via Veneto, celata dall'insegna "Turris Film".[14]

Le bombe di Trento

Nel gennaio 1971 si erano verificati vari attentati dinamitardi a Trento, tra cui uno in concomitanza di una (programmata, poi rinviata) udienza di processo a carico di extraparlamentari di sinistra. La testata Lotta Continua, l'anno successivo, titolò clamorosamente denunciando che il delitto era stato commesso dalla polizia, e la relativa indagine condotta dal SID, pur avendo raggiunto siffatta sconcertante acquisizione, sarebbe stata ancora una volta insabbiata.[15] Il processo penale (per diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose)[16] si concluse tre anni più tardi con la piena assoluzione dei giornalisti.

La magistratura prese quindi (1976) ad indagare sui supposti colpevoli dell'attentato, arrestando il contrabbandiere Sergio Zani [17] —secondo i giornalisti autore materiale [18]— il colonnello Lucio Siragusa,[19] all'epoca dei fatti comandante dei "servizi speciali" tridentini della Guardia di Finanza,[20] ed il suo subordinato maresciallo Salvatore Saija.[21] La GdF rimpallò l'accusa [22] verso SID, polizia e carabinieri (questi ultimi avevano provocato l'incriminazione dei finanzieri) e ne scaturirono gli arresti per il vicequestore Saverio Molino,[23] il colonnello CC Michele Santoro,[24] (noto anche per la vicenda del cosiddetto memoriale Pisetta)[25] e del pari grado SID Angelo Pignatelli.[26] Malgrado una ridda di complicatissimi rapporti tra gli imputati ed alcuni pregiudicati forzosamente indotti a collaborare con vari apparati di sicurezza dello Stato,[27] nel 1977 il processo di primo grado prosciolse tutti, e tale esito divenne definitivo con la sentenza di appello dell'anno successivo.

Il deposito di Camerino

Nel 1972, a Camerino, fu rinvenuto un arsenale di armi da guerra ed esplosivo,[28] di provenienza criminale,[29] costituito ad arte da personale dei Carabinieri e del SID per gettare discredito e pregiudizio anche penale in danno di extraparlamentari di sinistra.[30] Il materiale bellico era infatti accompagnato da materiale "ideologico-programmatico" (dieci fogli in codice): un elenco di vittime designate per la futura attività terroristica, un elenco degli apparenti componenti della cellula (tutti dell'ultrasinistra) ed infine una sorta di riepilogo logistico del predetto armamentario offensivo, con l'indicazione delle relative fonti di procacciamento. Prima ancora che la crittografia dei testi fosse stata violata dagli inquirenti, il giornalista Guido Paglia,[31] già leader di Avanguardia Nazionale, esponeva in un clamoroso articolo il senso dei documenti, traendone la necessaria conclusione circa la responsabilità delle frange comuniste chiamate in causa.

Ne nacque una serie di operazioni poliziesco-giudiziarie contro gli ambienti dell'ultrasinistra, caratterizzate anche dall'arresto di Paolo Fabbrini e Carlo Guazzaroni,[32] due estremisti che comparivano nella nota lista.[33] Fu protagonista delle indagini il comandante della compagnia carabinieri di Camerino, capitano Giancarlo D'Ovidio.[34] Proveniente dai paracadutisti e destinato ad entrare nell'Ufficio «D» del SID, piduista, sarebbe successivamente stato tra gli artefici della fuga all'estero del neofascista Luciano Bernardelli.[35] Benché gli ambienti della "sinistra antagonista" avessero denunciato immediatamente il carattere fittizio di tutta la vicenda, gli arrestati scontarono diversi mesi di custodia cautelare, e si dovette attendere il 1976 perché il giudice Pietro Abbritti [36] ne sentenziasse il proscioglimento in istruttoria.[37] Ma non era finita. La Procura generale di Ancona appellò quella sentenza di assoluzione, e nel 1977 la Corte d'Assise di Macerata confermò l'assoluzione con formula piena. Nel 1981, il colonnello Antonio Viezzer,[38] nel contesto del processo Pecorelli, avrebbe espressamente ammesso la natura simulatoria delle azioni compiute a questo proposito da Labruna, Esposito [39] [37] e D'Ovidio, sotto la supervisione di Vito Miceli.[40]

Bertoli, bomba alla Questura di Milano

Lo stesso argomento in dettaglio: Strage della Questura di Milano.
Bonn, 1971. Rumor (a destra) a colloquio con il politico tedesco Kai Uwe von Hassel [41]

Nel 1973 Gianfranco Bertoli tentò di uccidere [42] [43] con una bomba a mano il ministro dell'Interno Mariano Rumor, in visita presso la questura di Milano per l'inaugurazione di un monumento alla memoria del commissario Calabresi.[44] L'attentatore aveva una complessa relazione con gli apparati di sicurezza dello Stato.[45]

Sedicente "anarchico individualista", aveva collaborato con SIFAR e SID, mentre non è del tutto certa la sua appartenenza alla Organizzazione Gladio.[46] Nei due anni precedenti era stato ospite di un kibbutz, e proprio da Israele aveva fortunosamente portato con sé l'ordigno di cui parliamo; risulta anche essere stato in contatto con esponenti della Rosa dei venti.[47] Tra gli anni 1950 ed i '60, Bertoli, con il nome in codice "Negro",[48] si era accreditato come simpatizzante comunista presso due sedi veneziane del PCI (Campo San Polo e via XXII Marzo), ma poi ne era stato allontanato, verosimilmente perché le sue insincere intenzioni erano state scoperte.[49] Sempre da documentazione processuale risulta che il Centro CS di Padova, probabilmente per ordine superiore (congettura formulata da Viezzer),[50] aveva "distrutto con il fuoco" la corrispondenza con "Negro", e più in generale aveva cercato di non fornire alla magistratura informazioni su di lui.[51] Secondo Giuseppe Bottallo,[52] comandante del Centro CS di Padova dal 1974 al 1992, l'ordine di sopprimere tali documenti era riconducibile al direttore SISMI pro tempore, ammiraglio Fulvio Martini.[53]

L'affiliazione di Bertoli ai servizi (prima e dopo l'arresto) è confermata —per ricordo di ammissioni dell'interessato— anche da Giuseppe Albanese,[54] un condannato che era stato rinchiuso con il nostro attentatore nel carcere [55] di Volterra.[56]

All'indomani della bomba alla questura, il generale Gian Adelio Maletti inviò in Israele il capitano Vitaliano Di Carlo,[37] dal Centro CS di Verona, per assumere sommarie informazioni, e fu proprio Di Carlo a consigliare il SID di non collaborare con gli inquirenti su Bertoli (raccomandazione che fu poi corroborata dal suo superiore Viezzer). Le modalità del suo espatrio (1971) hanno fatto pensare che Bertoli godesse di una congiunta protezione da parte dei servizi israeliani ed italiani. Si era appoggiato ad una società che favoriva l'immigrazione giovanile israeliana nello stato sionista. Sia all'andata, sia rientrando in patria, fece tappa a Marsiglia, frequentando neofascisti come un certo Jean Tramont,[37] e forse anche procurandosi la bomba necessaria al futuro attentato.[57] In realtà, risulterà poi che "Jean Tramont" era il nome di copertura di Marcel Bigeard, considerato ufficiale dei servizi segreti francesi,[58] domiciliato in un immobile che il governo francese definì "inesistente", ma in effetti si trattava di un'abitazione che una signora ebrea francese aveva lasciato in eredità ad Israele.[59]

Trent'anni di schermaglie forensi, in cui emersero nomi di imputati quali Carlo Maria Maggi,[60] Giorgio Boffelli,[61] Francesco Neami,[62] Carlo Digilio,[63] Gian Adelio Maletti e Sandro Romagnoli,[64] [65] condussero ad una sentenza di Cassazione (2005), la quale —pur affermando con certezza la responsabilità collettiva di Ordine Nuovo— al tempo stesso sanciva l'impossibilità di condannare alcuno dei supposti mandanti e/o protettori dell'"anarchico" Bertoli, già deceduto da cinque anni, che pertanto portò definitivamente nella tomba i risvolti mai rivelati della vicenda.[66]

Italicus

Lo stesso argomento in dettaglio: Strage dell'Italicus.

Anche in occasione di quella strage (1974), emersero preoccupanti ombre nell'operato dei servizi. Un'impiegata del SID (che figurava essere traduttrice-interprete, essendo figlia di un colonnello dei carabinieri che aveva sposato una greca, collaboratrice del controspionaggio; in realtà Claudia Ajello [67] si fingeva militante comunista e si era infiltrata negli ambienti degli esuli politici greci in Italia)[68] parlò da un telefono pubblico dell'imminente attentato, apparentemente rassicurandone gli esecutori sull'impunità che verrà loro garantita.[69]

Il SID mantenne un atteggiamento di reticenza, e diversi anni dopo la Ajello fu condannata per falsa testimonianza.[70]

Il supposto "golpe Sogno"

Lo stesso argomento in dettaglio: Edgardo_Sogno § Il progetto di colpo di stato.

Anche le indagini svolte nel 1975 sul sospetto colpo di Stato caldeggiato da Edgardo Sogno misero in luce un'attitudine dei servizi ad occultare, piuttosto che a svelare, le attività criminose. Il SID oppose immediatamente il segreto di Stato all'acquisizione dei documenti in suo possesso che riguardavano Sogno.[71] Su sollecitazione della magistratura (Violante), il presidente del Consiglio dell'epoca, Aldo Moro, stabilì che il segreto politico-militare [72] sussistesse "sotto il profilo soggettivo" (nomi di persone, di organizzazioni ecc.) ma non sotto quello "oggettivo" (ossia: la narrazione di specifici eventi, sia pure resa anonima, per così dire), talché ne autorizzò la trasmissione agli atti processuali, previa una serie di "obliterazioni", nel senso appena precisato. Questi "tagli" censorii rendevano impossibile ricostruire eventuali responsabilità di Sogno per contegni penalmente rilevanti, quindi nel 1976 l'inquirente si rivolse al capo del SID per avere notizie sulle ipotizzate relazioni tra l'indagato e quel servizio, ma l'istanza venne respinta, sempre invocando il segreto politico-militare. Violante avanzò analoga domanda riferita a Luigi Cavallo, ma anche riguardo a costui poté ottenere soltanto due fogli, e sempre per lo stesso motivo. Lo stesso avvenne quando interrogò Miceli, per sapere se avesse mai beneficiato di fondi statunitensi.

Sulla legittimità di quest'ultima opposizione del segreto, Violante chiese per due volte conferma a Moro, non ottenendo riscontro.[71] Per tale motivo, nell'ordinare l'arresto di Sogno e Cavallo, Violante sollevò contestualmente un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, nonché di legittimità costituzionale in relazione a due articoli del codice di procedura penale. Tuttavia, ancora una volta, la Cassazione decideva il trasferimento anche di questo giudizio (da Torino) a Roma, ed in tale sede il processo non ebbe più sviluppi significativi. Le successive pronunce della Corte Costituzionale, per la cronaca entrambe favorevoli alle tesi sostenute da Violante,[73] pur stabilendo principi fondamentali per la imminente "riforma dei servizi del 1977",[74] nel caso specifico non produssero alcun risultato pratico.

Il mistero Chichiarelli

La celebre foto del Presidente Moro sequestrato dalle BR

Nel 1978 si propose un altro fenomeno che tuttora non ha avuto una valida spiegazione, ossia il curioso intreccio tra le istituzioni ed il falsario Antonio Chichiarelli. Specializzato nella riproduzione di De Chirico e Guttuso, Chichiarelli viveva agiatamente all'EUR, nella capitale. Il motivo per cui passò alla storia sta nel suo falso comunicato brigatista che realizzò il noto depistaggio del lago della Duchessa. La questione dell'autenticità dei messaggi BR durante il rapimento Moro è peraltro piuttosto complessa: i periti grafici incaricati dagli inquirenti dubitarono della genuinità di tre comunicati, e questo portò a sospettare che Chichiarelli fosse autore (quanto meno materiale) del "comunicato n. 1" [75] —quello che veniva considerato la pietra di paragone per distinguere gli eventuali apocrifi— e di conseguenza egli intrattenesse una relazione con i brigatisti fin dalle prime fasi dell'"affare Moro".[76]

Nel 1984 Chichiarelli fece ritrovare un plico contenente anche una "polaroid" [77] del famoso drappo brigatista che appariva in tante immagini del sequestro Moro. Un suo amico, tale Luciano Dal Bello,[78] si diceva certo del ruolo di Chichiarelli nella faccenda della Duchessa; ne aveva parlato con il maresciallo CC Antonio Solinas;[79] egli —invece di riferirne ai superiori o all'autorità giudiziaria— ne aveva reso partecipe il SISDE, nelle persone dei capitani Massimo Erasmo e Giuseppe Scipioni,[80] i quali apparentemente non diedero rilievo a tale notizia.[81]

Poco dopo l'omicidio Pecorelli, Chichiarelli inviò altri sibillini messaggi allo Stato attraverso la famosa faccenda del borsello "ritovato". Chi doveva indagare, malgrado le imbeccate di Dal Bello (destinato a divenire informatore SISDE in pianta stabile),[82] non comprese, o almeno finse di non farlo.

Il senso d'impunità ragionevolmente percepito da Chichiarelli lo indusse ad azzardare il formidabile colpo della Brink's Securmark;[83] un peccato di ybris che (secondo alcuni) sarà la causa della tragica e misteriosa morte del nostro falsario.[84]

Secondo Sergio Flamigni, c'è almeno un altro enigma di Chichiarelli che merita di essere ricordato: "Alcune volte Tony […] si recava all'aeroporto di Fiumicino ove in tutta riservatezza si incontrava con qualcuno.“[85] Secondo testimonianze processuali di persone vicine a Chichiarelli, a Fiumicino andava per ricevere ordini.[86] Fonti giornalistiche riferiscono di una "Operazione Olmo" condotta —durante il caso Moro— dal SISMI all' aeroporto romano in questione;[87] se fossero confermate, il quadro sarebbe sconcertante, dato che sicuramente in quelle strutture aeroportuali il nostro servizio segreto militare proprio in quegli anni manteneva un importante centro di controspionaggio, diretto dal capitano Antonio Fattorini, soprannominato "mezzo ebreo" per i suoi ottimi rapporti con il Mossad.[88] [89]

Il "caso Contrada“

Lo stesso argomento in dettaglio: Bruno_Contrada § Procedimenti giudiziari.

La vigilia di Natale del 1992, alle prime ore del giorno, Bruno Contrada —uno dei massimi dirigenti SISDE dell'epoca— venne tratto in arresto nella sua abitazione palermitana perché sospettato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, reato per il quale verrà poi condannato in via definitiva dopo una serie di alterne vicende processuali.

Ad incolpare Contrada erano soprattutto le dichiarazioni di quattro pentiti di mafia:[90] Tommaso Buscetta, Giuseppe Marchese,[91] Gaspare Mutolo e Rosario Spatola.[92] Nondimeno, l'allora Capo della Polizia Vincenzo Parisi [93] si prodigò in una difesa plateale dell'indagato.[94] Antonino Caponnetto giudicò incauta la posizione assunta da Parisi.[95] Violante, nel frattempo divenuto presidente della Commissione parlamentare Antimafia, parlò in proposito di "caratteristica strutturale" circa il rapporto di Cosa nostra con il potere.[96]

Note

  1. ^ Paolo Preto, I servizi segreti di Venezia, il Saggiatore, 2004, ISBN 8851521948, 9788851521943, pag. 344
  2. ^ OPERAZIONE CHAOS
  3. ^ Yves Guérin-Sérac era un attivista cattolico francese anticomunista, già ufficiale dell'esercito francese e veterano della guerra d'Indocina, della guerra di Corea, e della guerra d'Algeria. Inoltre faceva parte del reparto d'elite 11ème Demi-Brigade Parachutiste du Choc, un'unità che cooperava con il Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage (agenzia francese di controspionaggio), ed era tra i fondatori dell'Organisation armée secrète (OAS) gruppo terroristico di destra impegnato nella lotta per un'"Algeria francese". (Si veda: Daniele Ganser (2005), Operation Gladio and Terrorism in Western Europe, London, Franck Cass, 2005, p.116)
  4. ^ Dopo il 1965 frequentò effettivamente l'ambiente anarchico, inizialmente il circolo "Bakunin", nel novembre 1969 il Circolo anarchico 22 Marzo di Roma.
  5. ^ Atti dell'istruttoria del processo Valpreda, vol. I, parte I. foglio 183 bis.
  6. ^ De Lutiis, I servizi, op. cit., pag. 240
  7. ^ Carla Mosca, Catanzaro, processo al SID, Editori Riuniti, Roma, 1978, pag. 108
  8. ^ Ibio Paolucci, Il processo infame, Feltrinelli, Milano, 1977
  9. ^ Piazza Fontana dalla A alla Z - Il Cassetto
  10. ^ Giannettini collaborava con il SID già da diversi anni (De Lutiis, I servizi, op. cit., pag. 242).
  11. ^ Marco Pozzan | RadioRadicale.it
  12. ^ De Lutiis, I servizi, op. cit., pag. 241
  13. ^ Maletti1
  14. ^ PIAZZA FONTANA: UNA STRAGE SENZA COLPEVOLI
  15. ^ Lotta Continua, 7/11/1972
  16. ^ NOTIZIE FALSE E TENDENZIOSE - Notv
  17. ^ ATTENTATO 6_10_09
  18. ^ Avrebbe ricevuto la bomba dai finanzieri di Siragusa; episodio peraltro speculare a quello, già richiamato in altra nota, di Biondaro, confidente dei "carabinieri di Santoro" (v. infra nel testo principale).
  19. ^ 1970-1980
  20. ^ Ugo Maria Tassinari: Agenda nera 20 - 28 gennaio 1977
  21. ^ 1971 - Senti le rane che cantano...
  22. ^ Corriere della Sera, 29/1/1977
  23. ^ 1977
  24. ^ Precedente - anarchicipistoiesi
  25. ^ Pisetta, “traditore” dei terroristi rossi, ma era uomo dei servizi
  26. ^ Mario Tuti - Altervista
  27. ^ De Lutiis, I servizi, op. cit., pagg. 250-252
  28. ^ 34. Episodi di depistaggio (Gnosis - Rivista Italiana di Intelligence, Sisde.it)
  29. ^ Panorama, 04/05/1976
  30. ^ De Lutiis, I servizi, op. cit., pag. 253 e segg.
  31. ^ Guido Paglia, una medaglia d'oro fascista | Lettere dall'Aldilà
  32. ^ Personaggio singolare Guazzaroni: prima di confluire in Lotta Continua, aveva mantenuto controverse relazioni con l'estrema destra; nel 1977 fu trovato in possesso di armi e dotazioni varie riconducibili alle Brigate Rosse (De Lutiis, I servizi, op. cit., nota a pag. 554).
  33. ^ Documento XXXIV n. 1 - RELAZIONE DEL COMITATO PARLAMENTARE PER I SERVIZI DI INFORMAZIONE E SICUREZZA E PER IL SEGRETO DI STATO (Camera.it)
  34. ^ Giancarlo D'ovidio | RadioRadicale.it
  35. ^ TRIBUNALE DI BRESCIA CORTE D'ASSISE Dr. Enrico FISCHETTI
  36. ^ Eventi a cui ha partecipato Pietro Abbritti (RadioRadicale.it)
  37. ^ a b c d 1973 - Senti le rane che cantano
  38. ^ P2: la controstoria (7) LA P2 NEL 1970 1974: STATO, POLITICI
  39. ^ » Piazza Fontana, la strage è di Stato 4/4
  40. ^ Gianni Flamini, Il partito del golpe, Bovolenta, Ferrara, 1983, Vol. III, tomo I, pag. 143
  41. ^ A Short Biography (Bundesministerium der Verteidigung)
  42. ^ Questa almeno è la versione più diffusa dei fatti. È stato però giudicato con sospetto il ritardo con cui Bertoli scagliò la bomba, in un momento in cui non poteva più cogliere il ministro, ma solo uccidere o ferire un buon numero di malcapitati passanti. (De Lutiis, I servizi, op. cit., pagg. 256-257)
  43. ^ È pure vero che gli ordinovisti nutrivano un desiderio di vendetta nei confronti di Rumor, considerato nemico mortale del loro movimento; obiettivamente, Vincenzo Vinciguerra testimoniò che nel 1971-'72 Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi lo avevano istigato ad uccidere l'esponente politico, promettendo peraltro la connivenza del personale di scorta (Sentenza-ordinanza del giudice Lombardi cit. infra, pag. 98).
  44. ^ In effetti, era plausibile che un anarchico volesse manifestare violentemente contro Calabresi, cui una parte dell'opinione pubblica aveva fatto risalire il biasimo per la morte di Giuseppe Pinelli, proveniente dalle fila dell'anarchia.
  45. ^ Gran parte delle informazioni che riportiamo sono desumibili dalla Sentenza-ordinanza del consigliere istruttore di Milano Antonio Lombardi nel procedimento penale n. 2322/73 a carico di Carlo Maria Maggi ed altri del 18/07/1998.
  46. ^ Ex dirigente Sid accusato: depistò le indagini sulla bomba alla questura di Milano (Corriere della Sera 09/04/1995)
  47. ^ Mario Guarino, Fedora Raugei, Gli anni del disonore: dal 1965 il potere occulto di Licio Gelli e della Loggia P2 tra affari, scandali e stragi, EDIZIONI DEDALO, 2006, ISBN 8822053605, 9788822053602 pag. 78
  48. ^ Gianfranco Bertoli - Anarcopedia
  49. ^ Sentenza-ordinanza del giudice Lombardi cit., pag. 79
  50. ^ Sentenza-ordinanza del giudice Lombardi cit., pag. 82
  51. ^ Sentenza-ordinanza del giudice Lombardi cit., pag. 81
  52. ^ Anna Cento Bull, Italian neofascism: the strategy of tension and the politics of nonreconciliation, Berghahn Books, 2007, ISBN 1845453352, 9781845453350
  53. ^ Sentenza-ordinanza del giudice Lombardi cit., pag. 84
  54. ^ OSSERVAZIONI CONCLUSIVE: L’AGINTER PRESS NELLA STRATEGIA DELLA TENSIONE E NELL’ "OPERAZIONE" DEL 12 DICEMBRE 1969 E I DIVERSI SEGMENTI DI INTERVENTO PRESENTI IN TALI AVVENIMENTI (Sentenza - ordinanza del Giudice Istruttore presso il Tribunale Civile e Penale di Milano, dr. Guido Salvini, nel procedimento penale nei confronti di ROGNONI Giancarlo ed altri)
  55. ^ Carcere di Volterra su Informacarcere
  56. ^ Sentenza-ordinanza del giudice Lombardi cit., pag. 83-84
  57. ^ Vi è invece chi sostiene che la bomba provenisse dalla NATO di Verona (De Lutiis, I servizi, op. cit. nota a pag. 555)
  58. ^ Bigeard, veterano di varie guerre tra cui quella d'Algeria, è anche noto per essere autore di Le manuel de l'officier de renseignement, una guida pratica alle tecniche di intelligence in cui tra l'altro di sostiene l'opportunità del ricorso alla tortura.
  59. ^ Sentenza-ordinanza del giudice Lombardi cit., pag. 93
  60. ^ Carlo Maria Maggi − archivio900.it
  61. ^ Almanacco dei Misteri d'Italia: l'attentato alla Questura di Milano
  62. ^ capitolo 18
  63. ^ Piazza Fontana - La storia di Carlo Digilio, morto il 12 dicembre
  64. ^ 6. Destabilizzare per stabilizzare
  65. ^ L'ultima inchiesta sulla strage di Piazza Fontana
  66. ^ De Lutiis, I servizi, op. cit., pag. 263
  67. ^ San Benedetto Val di Sambro. Treno Italicus, è strage
  68. ^ De Lutiis, I servizi, op. cit., pag. 264 e segg.
  69. ^ Interrogatorio di Rosa Carosi dinanzi al giudice Vella del 07/11/1974
  70. ^ Sentenza del pretore Lenzi del 27 gennaio 1983
  71. ^ a b Ricorso alla Corte costituzionale della Repubblica italiana redatto da Luciano Violante, riportato in Giurisprudenza Costituzionale, 1976, II, pag. 530
  72. ^ Sulla nozione di segreto politico-militare, si veda la Sentenza n. 86 del 1977 della Corte Costituzionale.
  73. ^ Sentenza n. 86 del 1977 cit., nella quale, tra l'altro, veniva dichiarata la parziale illegittimità costituzionale degli articoli 342 e 352 c.p.p., nella parte in cui non prevedevano che il Presidente del Consiglio fosse tenuto a pronunciarsi entro un "termine ragionevole" sull'istanza di accesso ad atti "segretati".
  74. ^ Legge 24 ottobre 1977, n. 801- Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato
  75. ^ Terrorisme >> Documents > Brigades Rouges > Moro - Comunicato n. 1
  76. ^ De Lutiis, Il golpe, op. cit., pag. 114
  77. ^ A causa del particolare procedimento che caratterizzava questo tipo di immagini (non veniva utilizzato alcun "negativo fotografico"), ogni singola stampa andava considerata di fatto un esemplare unico, pressoché irriproducibile.
  78. ^ I ricatti della banda della Magliana
  79. ^ Aldo Moro. I 55 giorni del sequestro. D come Duchessa - Italiani
  80. ^ Vincenzo Vinciguerra - Ergastolo per la Liberta' - Politica in rete
  81. ^ Deposizione di Antonio Solinas 22-11-1984, citata in Compendio analitico su Tony Chichiarelli e sulle vicende connesse, Istituto di studi e ricerche Leonida Casali, Bologna, inedito, pag. 15
  82. ^ De Lutiis, Il golpe, op. cit., pag. 117
  83. ^ RAPINA ALLA SECURMARK UN ARRESTO A ROMA - Repubblica.it »
  84. ^ 1984 - Senti le rane che cantano
  85. ^ Deposizione di Luciano Dal Bello 24/05/1985, citata in Sergio Flamigni, La tela del ragno, Kaos Edizioni, ISBN 8879531204, pag. 227
  86. ^ De Lutiis, Il golpe, op. cit., pag. 120
  87. ^ Panorama, 10/02/1985
  88. ^ L'Archivio "foto attori"
  89. ^ De Lutiis, Il golpe, op. cit., pag. 123
  90. ^ BRUNO CONTRADA - il caso - L'arresto
  91. ^ Giuseppe Marchese | RadioRadicale.it
  92. ^ la Repubblica/fatti: Arrestato a New York il boss amico di Sindona
  93. ^ Vincenzo Parisi (Poliziadistato.it)
  94. ^ la Repubblica 27 dicembre 1992
  95. ^ La Stampa 28 dicembre 1992
  96. ^ Il Messaggero 2 gennaio 1993

Bibliografia

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  • Carlo Bonzano, Il segreto di Stato nel processo penale, Editore Wolters Kluwer Italia, ISBN 8813299397, 9788813299392
  • Giuseppe De Lutiis, I servizi segreti in Italia. Dal fascismo all'intelligence del XXI secolo, Sperling & Kupfer, 2010, ISBN 9788820047276
  • Giuseppe De Lutiis, Il lato oscuro del potere: associazioni politiche e strutture paramilitari segrete dal 1946 a oggi, Editori riuniti, 1996, ISBN 8835940044, 9788835940043
  • Giuseppe De Lutiis, Il golpe di via Fani, Sperling & Kupfer, 2007, ISBN 8820043645, 9788820043643
  • Rita Di Giovacchino, Il libro nero della prima Repubblica, Fazi Editore, 2005, ISBN 8881126338, 9788881126330
  • Gianni Flamini, Il partito del golpe: le strategie della tensione e del terrore dal primo centrosinistra organico al sequestro Moro, I. Bovolenta, 1981
  • Gianni Flamini, Il libro che i servizi segreti italiani non ti farebbero mai leggere, Newton Compton, 2010, ISBN 8854116246, 9788854116245
  • Stefania Limiti, L'Anello della Repubblica, Chiarelettere, 2009, ISBN 8861900682, 9788861900684
  • Gian Paolo Pelizzaro, Gladio rossa: dossier sulla più potente banda armata esistita in Italia, Settimo sigillo, 1997
  • Umberto Rapetto, Roberto Di Nunzio, L'atlante delle spie: dall'antichità al Grande gioco a oggi, Biblioteca universale Rizzoli, 2002, ISBN 8817129402, 9788817129404

Voci correlate

Collegamenti esterni