Seconda lettera ai Tessalonicesi: differenze tra le versioni

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Almeno dal [[1798]], quando J.E.C. Schmidt pubblicò la sua opinione, l'attribuzione a Paolo è stata messa in dubbio.<ref>Best, ''Thessalonians'', p. 50</ref> sfide più recenti all'attribuzione tradizionale provennero all'inizio del [[XX secolo]] da studiosi quali [[William Wrede]] nel [[1903]]<ref>William Wrede, ''Die Echtheit des zweiten Thessalonicherbriefes untersucht'', Leipzig 1903</ref> e [[Alfred Loisy]] nel 1933<ref>Alfred Loisy, ''La Naissance du Christianisme'', 1933 (vedi l'edizione inglese ''The Birth of the Christian Religion'', University Books, New York 1962, pp. 20-21)</ref>.
Almeno dal [[1798]], quando J.E.C. Schmidt pubblicò la sua opinione, l'attribuzione a Paolo è stata messa in dubbio.<ref>Best, ''Thessalonians'', p. 50</ref> sfide più recenti all'attribuzione tradizionale provennero all'inizio del [[XX secolo]] da studiosi quali [[William Wrede]] nel [[1903]]<ref>William Wrede, ''Die Echtheit des zweiten Thessalonicherbriefes untersucht'', Leipzig 1903</ref> e [[Alfred Loisy]] nel 1933<ref>Alfred Loisy, ''La Naissance du Christianisme'', 1933 (vedi l'edizione inglese ''The Birth of the Christian Religion'', University Books, New York 1962, pp. 20-21)</ref>.


Molti studiosi del Nuovo Testamento ritengono che la ''Seconda lettera ai Tessalonicesi'' non sia autentica, che non sia, cioè, una lettera scritta da [[Paolo di Tarso]], ma da uno dei suoi discepoli, che avrebbe inteso riportare quello che credeva potesse essere il messaggio paolino.<ref>Bart Ehrman, ''The Orthodox Corruption of Scripture'', p. 23, citato in Kirby.</ref> Si tratta principalmente di «una dissertazione teologica sulle condizioni della [[seconda venuta]]. Non è scritta per l'istruzione di una comunità particolare, piuttosto ha lo scopo di dissipare il disagio generale del pensiero cristiano riguardo alla parusia, attesa con impazienza e continuamente posposta. [...] L'impegno profuso dall'autore alla fine (iii, 17) nel dichiarare la propria firma genuina la rende ancor più sospetta».<ref name="loisy">Alfred Loisy, ''The Birth of the Christian Religion'', pp. 20-21, citato in Kirby.</ref>
Molti studiosi del Nuovo Testamento ritengono che la ''Seconda lettera ai Tessalonicesi'' non sia autentica, che non sia, cioè, una lettera scritta da [[Paolo di Tarso]], ma da uno dei suoi discepoli; tra gli studiosi che sostengono la pseudoepigrafia vi sono [[Bart D. Ehrman|Ehrman]],<ref>Ehrman, Bart D. (2004). The New Testament: A Historical Introduction to the Early Christian Writings. New York: Oxford, p. 385</ref> Gaventa,<ref>Beverly Roberts Gaventa, ''First and Second Thessalonians'', Westminster John Knox Press, 1998, p. 93</ref> Smiles,<ref>Vincent M. Smiles, ''First Thessalonians, Philippians, Second Thessalonians, Colossians, Ephesians'', Liturgical Press, 2005, p.53</ref> Schnelle,<ref>Udo Schnelle, tradotto in inglese da M. Eugene Boring, ''The History and Theology of the New Testament Writings'' (Minneapolis: Fortress Press, 1998), pp. 315-325</ref> Boring,<ref>M. Eugene Boring, Fred B. Craddock, ''The People's New Testament Commentary'', Westminster John Knox Press, 2004 p 652</ref> e Kelly.<ref>Joseph Francis Kelly, ''An Introduction to the New Testament for Catholics'', Liturgical Press, 2006 p.32</ref>


La ''Seconda'' e la ''[[Prima lettera ai Tessalonicesi]]'' sono molto simili, con somiglianze verbali lungo tutto il testo, ma al contempo sarebbero molto differenti, in quanto sosterrebbero due visioni teologiche divergenti, specie riguardo all'[[escatologia]]. Nella ''Prima lettera'', Paolo parla della ''parusia'', la [[seconda venuta]] apocalittica di Gesù alla fine dei tempi, come di un evento imminente, che dovrebbe accadere prima della morte dell'apostolo (''1 Tes'', {{passo biblico|1Tes|4,15}}: «noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti»); al contrario nella ''Seconda lettera ai Tessalonicesi'' sono esposti tutta una serie di eventi che devono avvenire prima della parusia, rimandandola a tutti gli effetti in la nel tempo (''2 Tes'', {{passo biblico|2Tes|2,3-12}}). Altre differenze di tono sono nella visione delle persecuzioni. Nella ''Seconda lettera'' viene esposta l'idea che alla fine dei tempi Dio premierà coloro che hanno sofferto nel suo nome e perseguirà i loro persecutori (''2 Tes'', {{passo biblico|2Tes|1,5-10}}); si tratta di una problematica non appartenente ai temi paolini, ma peculiare della generazione a lui successiva, con riferimenti nell'''[[Apocalisse di Giovanni]]'' ({{passo biblico|Ap|16,5-7}} e {{passo biblico|Ap|19,2}}). Inoltre la cristologia della ''Seconda lettera'' sarebbe più avanzata di quella della ''Prima'', presentando in particolare un'evoluzione della figura di Cristo, che assume attributi e funzioni che in Paolo sono peculiari di Dio. Le differenze tra ''Prima'' e ''Seconda lettera ai Tessalonicesi'' sarebbero secondo i negatori dell'autenticità tali da far interpretare la ''Seconda'' un'imitazione della ''Prima'' scritta in epoca successiva per affrontare temi che erano sorti successivamente alla predicazione paolina, in particolare aggiornando la descrizione della ''parusia'' (attesa ormai da troppo tempo, ben oltre le previsioni), formulando una risposta al problema delle persecuzioni e presentando un'evoluzione della cristologia.<ref>Norman Perrin, ''The New Testament: An Introduction'', pp. 119-120, citato in Kirby.</ref>
La ''Seconda'' e la ''[[Prima lettera ai Tessalonicesi]]'' sono molto simili, con somiglianze verbali lungo tutto il testo, ma al contempo sarebbero molto differenti, in quanto sosterrebbero due visioni teologiche divergenti, specie riguardo all'[[escatologia]]. Nella ''Prima lettera'', Paolo parla della ''parusia'', la [[seconda venuta]] apocalittica di Gesù alla fine dei tempi, come di un evento imminente, che dovrebbe accadere prima della morte dell'apostolo (''1 Tes'', {{passo biblico|1Tes|4,15}}: «noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti»); al contrario nella ''Seconda lettera ai Tessalonicesi'' sono esposti tutta una serie di eventi che devono avvenire prima della parusia, rimandandola a tutti gli effetti in la nel tempo (''2 Tes'', {{passo biblico|2Tes|2,3-12}}). Altre differenze di tono sono nella visione delle persecuzioni. Nella ''Seconda lettera'' viene esposta l'idea che alla fine dei tempi Dio premierà coloro che hanno sofferto nel suo nome e perseguirà i loro persecutori (''2 Tes'', {{passo biblico|2Tes|1,5-10}}); si tratta di una problematica non appartenente ai temi paolini, ma peculiare della generazione a lui successiva, con riferimenti nell'''[[Apocalisse di Giovanni]]'' ({{passo biblico|Ap|16,5-7}} e {{passo biblico|Ap|19,2}}). Inoltre la cristologia della ''Seconda lettera'' sarebbe più avanzata di quella della ''Prima'', presentando in particolare un'evoluzione della figura di Cristo, che assume attributi e funzioni che in Paolo sono peculiari di Dio. Le differenze tra ''Prima'' e ''Seconda lettera ai Tessalonicesi'' sarebbero secondo i negatori dell'autenticità tali da far interpretare la ''Seconda'' un'imitazione della ''Prima'' scritta in epoca successiva per affrontare temi che erano sorti successivamente alla predicazione paolina, in particolare aggiornando la descrizione della ''parusia'' (attesa ormai da troppo tempo, ben oltre le previsioni), formulando una risposta al problema delle persecuzioni e presentando un'evoluzione della cristologia.<ref>Norman Perrin, ''The New Testament: An Introduction'', pp. 119-120, citato in Kirby.</ref>

Versione delle 11:55, 1 feb 2011

La Seconda lettera ai Tessalonicesi è uno dei testi che compongono il Nuovo testamento, che la tradizione cristiana attribuisce a Paolo di Tarso ma che la maggioranza degli studiosi ritiene pseudoepigrafica, cioè scritta da qualcun altro e attribuita a Paolo. Sarebbe stata composta per sostituire quella che è oggi nota come Prima lettera ai Tessalonicesi, negli «ultimi due decenni del II secolo, quando le speranze per una parusia imminente stavano spegnendo».[1]

Secondo la tradizione cristiana, invece, fu inviata dall'apostolo Paolo alla Chiesa di Tessalonica mentre si trovava a Corinto durante il suo primo viaggio in Europa, verso il 50; non potendo tornare a Tessalonica inviò il suo fido discepolo Timoteo per confortare i credenti e portare loro sue notizie.

Autenticità e datazione

L'autenticità della lettera è oggetto di un'ampia disputa. Molti studiosi del Nuovo Testamento ritengono che la Seconda lettera ai Tessalonicesi non sia autentica, che non sia, cioè, una lettera scritta da Paolo di Tarso.[2] Si tratta principalmente di «una dissertazione teologica sulle condizioni della seconda venuta. Non è scritta per l'istruzione di una comunità particolare, piuttosto ha lo scopo di dissipare il disagio generale del pensiero cristiano riguardo alla parusia, attesa con impazienza e continuamente posposta. [...] L'impegno profuso dall'autore alla fine (iii, 17) nel dichiarare la propria firma genuina la rende ancor più sospetta».[3]

Ernest Best illustra il problema nel modo seguente:

«Se possedessimo solo la Seconda ai Tessalonicesi pochi studiosi dubiterebbero che l'abbia scritta Paolo; ma quando la Seconda ai Tessalonicesi è messa a confronto con la Prima ai Tessalonicesi sorgono i dubbi. C'è una grande somiglianza fra le due; somiglianza non solo di parole, brevi frasi e concetti, ma che si estende all'intera struttura delle due lettere che inoltre è differenete da ciò che si assume sia la forma standard paolina. Nel contempo alla seconda lettera si imputa di avere un tono meno intimo e personale della prima, e di essere in conflitto con la prima riguardo ad alcuni insegnamenti, particolarmente in riferimento all'escatologia

La datazione dell'opera è compresa tra gli ultimi due decenni del I secolo e il 130-135, anni in cui fu inclusa nel canone di Marcione, e risale probabilmente al primo quarto del II secolo.[3]

A favore dell'autenticità

Mentre l'attribuzione a Paolo della Seconda ai Tessalonicesi sia stata messa in dubbio più frequentemente dell'attribuzione della Prima lettera, negli antichi scrittori cristiani si trovano più prove per l'attribuzione della Seconda ai Tessalonicesi che per la Prima ai Tessalonicesi.[4] L'epistola era compresa nel canone di Marcione e nel Canone muratoriano; è menzionata da Ireneo di Lione e citata da Ignazio di Antiochia, Giustino, e Policarpo.[5]

G. Milligan ha osservato che una Chiesa in possesso di un'autentica lettera di Paolo accetterebbe poco probabilmente di riceverne una falsa.[6] Così anche Colin Nicholl[7] che ha avanzato un argomento sostanziale per l'autenticità della Seconda ai Tessalonicesi,[8] mettendo in luce che «la visione pseudoepigrafica è... più vulnerabile di quanto ammettano i suoi sostenitori. ... La mancanza di consenso riguardo alla datazione e alla destinazione ... riflette un dilemma per questa posizione: da un lato, la datazione dev'essere antica abbastanza per essere stata considerata paolina ... dall'altro, la datazione e la destinazione debbono essere tali che l'autore [pseudoepigrafo] possa essere fiducioso che nessun contemporaneo della Prima ai Tessalonicesi ... possa aver riconosciuto la Seconda ai Tessalonicesi come un ... falso».[7]

Un altro studioso che sostiene l'autenticità della lettera è Jerome Murphy-O'Connor. Pur ammettendo che ci siano divergenze stilistiche fra la Seconda ai Tessalonicesi e la Prima ai Tessalonicesi, addebita parte del problema alla natura composita della Seconda ai Tessalonicesi (Murphy-O'Connor è uno dei molti studiosi che sostiene che il testo attuale della Seconda ai Tessalonicesi sia il prodotto dell'unione di due o più lettere autentiche di Paolo). Dopo aver rimosso il testo della lettera interpolata e aver confrontato le due lettere, Murphy-O'Connor ritiene che l'obiezione stilistica sia "drasticamente indebolita", e conclude: «Gli argomenti contro l'autenticità della Seconda ai Tessalonicesi sono tanto deboli, che è preferibile accettare l'attribuzione tradizionale della lettera a Paolo».[9]

I sostenitori dell'autenticità notano anche come Paolo abbia richiamato l'attenzione sull'autenticità della lettera firmandola esplicitamente (2 Tessalonicesi 3,17[10]).[11] Bruce Metzger scrive: «Paolo richiama l'attenzione sulla sua firma, che fu aggiunta di mano sua come garanzia di autenticità di ogni sua lettera»."[12]

Altri studiosi che sostengono l'autenticità sono Beale,[13] Green,[14] Jones,[15] Morris,[16] e Witherington.[17]

Contrari all'autenticità

Almeno dal 1798, quando J.E.C. Schmidt pubblicò la sua opinione, l'attribuzione a Paolo è stata messa in dubbio.[18] sfide più recenti all'attribuzione tradizionale provennero all'inizio del XX secolo da studiosi quali William Wrede nel 1903[19] e Alfred Loisy nel 1933[20].

Molti studiosi del Nuovo Testamento ritengono che la Seconda lettera ai Tessalonicesi non sia autentica, che non sia, cioè, una lettera scritta da Paolo di Tarso, ma da uno dei suoi discepoli; tra gli studiosi che sostengono la pseudoepigrafia vi sono Ehrman,[21] Gaventa,[22] Smiles,[23] Schnelle,[24] Boring,[25] e Kelly.[26]

La Seconda e la Prima lettera ai Tessalonicesi sono molto simili, con somiglianze verbali lungo tutto il testo, ma al contempo sarebbero molto differenti, in quanto sosterrebbero due visioni teologiche divergenti, specie riguardo all'escatologia. Nella Prima lettera, Paolo parla della parusia, la seconda venuta apocalittica di Gesù alla fine dei tempi, come di un evento imminente, che dovrebbe accadere prima della morte dell'apostolo (1 Tes, 1Tes 4,15[27]: «noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti»); al contrario nella Seconda lettera ai Tessalonicesi sono esposti tutta una serie di eventi che devono avvenire prima della parusia, rimandandola a tutti gli effetti in la nel tempo (2 Tes, 2Tes 2,3-12[28]). Altre differenze di tono sono nella visione delle persecuzioni. Nella Seconda lettera viene esposta l'idea che alla fine dei tempi Dio premierà coloro che hanno sofferto nel suo nome e perseguirà i loro persecutori (2 Tes, 2Tes 1,5-10[29]); si tratta di una problematica non appartenente ai temi paolini, ma peculiare della generazione a lui successiva, con riferimenti nell'Apocalisse di Giovanni (Apocalisse 16,5-7[30] e Apocalisse 19,2[31]). Inoltre la cristologia della Seconda lettera sarebbe più avanzata di quella della Prima, presentando in particolare un'evoluzione della figura di Cristo, che assume attributi e funzioni che in Paolo sono peculiari di Dio. Le differenze tra Prima e Seconda lettera ai Tessalonicesi sarebbero secondo i negatori dell'autenticità tali da far interpretare la Seconda un'imitazione della Prima scritta in epoca successiva per affrontare temi che erano sorti successivamente alla predicazione paolina, in particolare aggiornando la descrizione della parusia (attesa ormai da troppo tempo, ben oltre le previsioni), formulando una risposta al problema delle persecuzioni e presentando un'evoluzione della cristologia.[32]

Ci sono altri indizi che indurrebbero a ritenere la lettera pseudoepigrafica. Il testo della Seconda lettera ai Tessalonicesi presenta diciassette espressioni che sono assenti dal resto del Nuovo Testamento; a differenza delle altre lettere paoline manca di formulazioni antitetiche e della struttura della diatriba; pare una composizione teologica dal tema ben definito e delimitato, invece di presentare lo stile vivace di Paolo. In generale, «le idee, le parole e le espressioni tipiche puntano ad una situazione maggiormente sviluppata della dottrina e delle forme della vita cristiana rispetto a quanto esposto in 1 Tessalonicesi e in tutte le altre lettere chiaramente paoline».[33]

Sinossi

Capitolo I

Paolo saluta i Tessalonicesi, li elogia per la loro fede esemplare (vv.3-5) e prefigura la rovina eterna (v.9) di quanti "non obbediscono al vangelo del Signore nostro Gesù", del quale (v.10) si auspica l'imminente parusia (seconda venuta nella gloria).

Capitolo II

Si parla dell'apostasia futura (v.3) che precederà la parusia. Allora si rivelerà l'Anticristo, l' uomo iniquo, figlio della perdizione... che siederà sul tempio di Dio additando se stesso come Dio (vv.3-4). Si introduce anche il difficile concetto del katechon (vv.6-12), ossia di ciò che per il momento trattiene (v.7) la manifestazione del mistero di iniquità. Ma per Paolo i Tessalonicesi sono primizia di salvezza (v.13) attraverso l'opera dello Spirito e la fede nella verità: egli formula una preghiera (vv.16-17) affinché Gesù e il Padre confortino e confermino i loro cuori nel bene.

Capitolo III

Paolo ammonisce infine a tenersi lontano da chi si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi (v.6),

«e infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi»

Costoro invece vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione (v.11). L'apostolo invita dunque ad evitare chi fa così. Non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello (v.15). Nell'insegnamento di Paolo la carità ha sempre il primo posto (si veda Prima lettera ai Corinzi, capitolo 1 Corinzi 13[34]). L'apostolo conclude la sua lettera con il saluto passato anche nella liturgia della Messa:

«La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.»

Somiglianze con i manoscritti non biblici di Qumran

Nel Commentario ad Abacuc II 1-3, datato con il metodo del carbonio-14 tra il 104 a.C. ed il 43 a.C.[35], troviamo:

«L'interpretazione del passo si riferisce a coloro che hanno tradito con l'uomo di menzogna poiché non hanno creduto alle parole del Maestro di Giustizia (da lui ricevute) dalla bocca di Dio»

Mentre nella Seconda lettera ai Tessalonicesi:

«E per questo Dio manderà loro efficacia di errore, perché credano alla menzogna, 12 affinché siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nella malvagità!»

Note

  1. ^ Kirby.
  2. ^ Bart Ehrman, The Orthodox Corruption of Scripture, p. 23, citato in Kirby.
  3. ^ a b Alfred Loisy, The Birth of the Christian Religion, pp. 20-21, citato in Kirby.
  4. ^ Leon Morris. Concordia NIV Study Bible. ed. Hoerber, Robert G. St. Lous: Concordia Publishing House, p. 1840.
  5. ^ Guthrie, Donald (1990). New Testament Introduction. Hazell Books. p. 593
  6. ^ G. Milligan, Saint Paul's Epistles to the Thessalonians (1908) vi, ix, p448.
  7. ^ a b Nicholl, CR, (2004), From Hope to Despair in Thessalonica, Cambridge University Press, ISBN 978-0521831420 Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "Nicholl" è stato definito più volte con contenuti diversi
  8. ^ "Tutti gli studiosi delle lettere ai Tessalonicesi debbono confrontarsi con gli argomenti di questo contributo allo studio delle lettere." Oakes, P, Recensione di Nicholl in Journal for the Study of the New Testament 2005; 27; pp. 113-4
  9. ^ Murphy-O'Connor, Paul: A critical life (Oxford: Clarendon Press, 1996), p. 111
  10. ^ 2Ts 3,17, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  11. ^ Altre indicazioni simili compaiono in 1 Corinzi 16,21; Galati 6,11 e Colossesi 4,18
  12. ^ Metzger, Bruce M. (2003). The New Testament: Its Background, Growth, & Content. 3rd ed. Nashville: Abingdon, p. 255.
  13. ^ Beale,GK, 1–2 Thessalonians, IVP New Testament Series, Leicester: InterVarsity Press, 2003, ISBN 0851116868
  14. ^ Green,Gene L, The Letters to the Thessalonians: The Pillar New Testament Commentary, Eerdmans/Apollos, 2002, (Eerdmans) ISBN 0-8028-3738-7 /(Apollos) ISBN 0-85111-781-3
  15. ^ Jones, Ivor H, The Epistles to the Thessalonians, Peterborough: Epworth Press, 2005, ISBN 0716205955
  16. ^ Morris, Leon, The First and Second Epistles to the Thessalonians, Grand Rapids: Eerdmans, rev.edn, 1991, ISBN 0-8028-2168-5
  17. ^ Witherington III, B, (2006), 1 and 2 Thessalonians: A Socio-Rhetorical Commentary, Grand Rapids,MI: Eerdmans, ISBN 0802828361
  18. ^ Best, Thessalonians, p. 50
  19. ^ William Wrede, Die Echtheit des zweiten Thessalonicherbriefes untersucht, Leipzig 1903
  20. ^ Alfred Loisy, La Naissance du Christianisme, 1933 (vedi l'edizione inglese The Birth of the Christian Religion, University Books, New York 1962, pp. 20-21)
  21. ^ Ehrman, Bart D. (2004). The New Testament: A Historical Introduction to the Early Christian Writings. New York: Oxford, p. 385
  22. ^ Beverly Roberts Gaventa, First and Second Thessalonians, Westminster John Knox Press, 1998, p. 93
  23. ^ Vincent M. Smiles, First Thessalonians, Philippians, Second Thessalonians, Colossians, Ephesians, Liturgical Press, 2005, p.53
  24. ^ Udo Schnelle, tradotto in inglese da M. Eugene Boring, The History and Theology of the New Testament Writings (Minneapolis: Fortress Press, 1998), pp. 315-325
  25. ^ M. Eugene Boring, Fred B. Craddock, The People's New Testament Commentary, Westminster John Knox Press, 2004 p 652
  26. ^ Joseph Francis Kelly, An Introduction to the New Testament for Catholics, Liturgical Press, 2006 p.32
  27. ^ 1Tes 4,15, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  28. ^ 2Tes 2,3-12, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  29. ^ 2Tes 1,5-10, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  30. ^ Ap 16,5-7, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  31. ^ Ap 19,2, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  32. ^ Norman Perrin, The New Testament: An Introduction, pp. 119-120, citato in Kirby.
  33. ^ Udo Schnelle, The History and Theology of the New Testament Writings, p. 317, citato in Kirby.
  34. ^ 1Cor 13, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  35. ^ A. J. Timothy Jull, Douglas J. Donahue, Magen Broshi, Emanuel Tov, Radiocarbon Dating of Scrolls and Linen Fragments from the Judean Desert, Radiocarbon (Vol. 37), 1995, pp. 11-19, DOI:10.1.1.17.3507. URL consultato il 27-01-2007.

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Bibliografia

Voci correlate

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