Sindone di Torino

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La Sindone fotografata da Giuseppe Enrie (1931). In alto l'immagine dorsale (capovolta), in basso quella frontale. Ai lati delle immagini si vedono le bruciature dell'incendio del 1532 e i relativi rattoppi (rimossi nel 2002).

La Sindone di Torino, nota anche come Sacra Sindone, è un telo di lino conservato nel Duomo di Torino, sul quale è visibile l'immagine di un uomo che porta segni di maltrattamenti e torture compatibili con quelli descritti nella Passione di Gesù. La tradizione identifica l'uomo con Gesù e il lenzuolo con quello usato per avvolgerne il corpo, nel sepolcro. La sua autenticità è oggetto di fortissime controversie.

Il termine "sindone" deriva dal greco σινδών (sindon), che indica un tessuto di lino di buona qualità o tessuto d'India. Il termine è ormai diventato sinonimo del lenzuolo funebre di Gesù.

Le esposizioni pubbliche della Sindone sono chiamate ostensioni (dal latino ostendere, "mostrare"). Le ultime sono state nel 1998, 2000 e 2010: quest'ultima è ora in corso, iniziata il 10 aprile, la conclusione è fissata al 23 maggio.

Storia

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Sindone.

Tutti gli storici sono d'accordo nel ritenere documentata con sufficiente certezza la storia della Sindone a partire dalla metà del XIV secolo: risale infatti al 1353 la prima testimonianza storica[1]. Sulla sua storia precedente e sulla sua antichità non vi è accordo. La datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita nel 1988, ha datato la stoffa del lenzuolo in un intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C.[1]

I sostenitori dell'autenticità del telo non giudicano attendibile l'esame svolto nel 1988, ipotizzando inquinamento dei lacerti di tessuto prelevati per essere sottoposti a indagine. Ritengono quindi che la Sindone sia l'autentico lenzuolo funebre di Gesù e risalirebbe alla Palestina del I secolo; essi sostengono inoltre la «suggestiva ipotesi»[1] secondo cui la Sindone di Torino sia da identificare con il mandylion o "Immagine di Edessa", un'immagine di Gesù molto venerata dai cristiani d'Oriente, scomparsa nel 1204 (questo spiegherebbe l'assenza di documenti che si riferiscano alla Sindone in tale periodo)[2]. In questo caso, occorre ipotizzare che il telo di Edessa, che è descritto come un fazzoletto, fosse esposto solo ripiegato più volte e in modo tale da mostrare unicamente l'immagine del volto[1].

Sindone evangelica

Lo stesso argomento in dettaglio: [[Sindone evangelica]] e [[[[Storia della Sindone#Prima di Lirey?|Storia della Sindone § Prima di Lirey?.

Secondo i racconti dei vangeli, dopo la sua morte il corpo di Gesù fu deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo (sindone) con bende e trasposto nel sepolcro. Luca e Giovanni menzionano i tessuti funebri anche dopo la risurrezione. Della sindone evangelica non viene fornita alcuna descrizione circa dimensioni, forma, materiale; viene però indicato che fu utilizzato un telo per il corpo e un fazzoletto (sudario), separato, per la testa[3].

È ipotizzabile che il telo e il sudario siano stati conservati dalla primitiva comunità cristiana.[senza fonte] Pur non essendo presente alcun esplicito accenno o riferimento, nei Vangeli, circa la formazione di un'immagine su un qualche tessuto, vi sono indizi in questo senso (si veda più oltre il paragrafo dedicato al Mandylion) in alcuni documenti antichi[senza fonte] Queste notizie sarebbero comunque state tenute nascoste a causa delle persecuzioni e delle credenze giudaiche che ritenevano impuri gli oggetti venuti a contatto con un cadavere.[senza fonte]

A ciò si aggiunga che nel mondo giudaico era severissimamente vietato raffigurare Dio, il che può spiegare la straordinaria attenzione con cui lungamente sarebbe stata occultata l'immagine di Gesù, Uomo-Dio.[senza fonte]

Il fondamento teologico dell'avversione del popolo ebraico alla raffigurazione di immagini allo scopo di venerarle (idolatria) è presente sin dall'Esodo: "Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra"(Esodo, 20, 4).

Sindone di Torino

Lo stesso argomento in dettaglio: [[[[Storia della Sindone#Storia documentata (dal 1353)|Storia della Sindone § Storia documentata (dal 1353).

La più antica testimonianza storica della Sindone di Torino non va più indietro degli anni cinquanta del XIV secolo, quando la Sindone, con modalità che rimangono ignote, comparve nelle mani del cavaliere Goffredo di Charny e di sua moglie Giovanna di Vergy[1].

Il 20 giugno 1353 Goffredo donò la Sindone al capitolo dei canonici della collegiata di Lirey, che egli aveva fondato[4]; la prima ostensione pubblica di tale telo avvenne, pare, nel 1357 (Goffredo era morto l'anno precedente), suscitando negli anni seguenti diversi dubbi sull'autenticità del telo. Nel 1415 Margherita di Charny, discendente di Goffredo, si riappropriò del lenzuolo (ne originò un lungo contenzioso con i canonici) e nel 1453 lo vendette o cedette ai duchi di Savoia.

Questi la conservarono a Chambéry in Savoia, dove il 4 dicembre 1532 sopravvisse all'incendio della Sainte-Chapelle du Saint-Suaire, riportandone gravi danni in diversi punti, perforata in vari strati da una goccia d'argento fuso colata dal reliquiario[1]. Nel 1578 venne portata a Torino, dove nel frattempo i Savoia avevano trasferito la loro capitale. L'occasione di tale trasferimento fu la richiesta da parte del vescovo di Milano, Carlo Borromeo, di venerare la reliquia per sciogliere un voto fatto in occasione della peste di Milano. Il trasferimento del telo doveva servire ad abbreviare il viaggio a piedi del Vescovo. Da allora vi rimase ininterrottamente fino al giorno d'oggi, salvo brevi intervalli. Nel 1898 venne fotografata per la prima volta dall'avv. Secondo Pia: in quell'occasione si scoprì che l'immagine impressa sul lenzuolo presentava le caratteristiche di un negativo fotografico.

Umberto II di Savoia, ultimo re d'Italia, alla sua scomparsa (1983) la lasciò in eredità alla Santa Sede che ne delegò la custodia all'Arcivescovo di Torino.

Nel 2009 la proprietà della Sindone è stata messa in discussione: secondo il professor Francesco Margiotta Broglio, studioso dei rapporti tra Stato e Chiesa, con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana (1º gennaio 1948) la Sindone sarebbe diventata proprietà dello Stato italiano in base alla XIII disposizione, comma 3, e il legato testamentario di Umberto II sarebbe nullo[5]. Tuttavia la Santa Sede avrebbe nel frattempo acquisito la proprietà della Sindone per usucapione in buona fede: sulla questione è stata presentata una interrogazione parlamentare ma non risulta ancora una risposta del governo[6][7].

Caratteristiche generali

Il lenzuolo

La Sindone è un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, di forma rettangolare e dimensioni di circa 442x113 cm., il suo spessore è di circa 0,34 millimetri, il peso di circa 2,450 kg. Il lenzuolo è cucito su un telo di supporto, pure di lino, delle stesse dimensioni.In corrispondenza di uno dei lati lunghi il telo è stato tagliato e ricucito per tutta la lunghezza a una decina di centimetri dal margine.[senza fonte]

Il lenzuolo è tessuto a mano con trama a spina di pesce e con rapporto ordito-trama di 3:1.

Sono chiaramente visibili sulla Sindone i danni provocati da alcuni eventi storici: i più vistosi sono le bruciature causate da un incendio nel 1532, disposte simmetricamente ai lati dell'immagine in quanto il lenzuolo era conservato ripiegato più volte su sé stesso e le bruciature riguardarono gli spigoli del fagotto di tessuto ripiegato. Le bruciature più grandi sono dei veri e propri fori di forma approssimativamente triangolare: fino al 2002 questi erano coperti da rappezzi che poi sono stati rimossi (contestualmente è stato sostituito il telo di supporto originale, applicato nel 1534, con un altro più recente).

L'immagine

L'immagine frontale dell'Uomo della Sindone nel negativo fotografico.

Gli studiosi usano chiamare Uomo della Sindone la figura umana visibile sul lenzuolo, per mantenere una posizione neutra rispetto alla questione se si tratti o no di Gesù. Le due immagini ritraggono un corpo umano nudo, a grandezza naturale, una di fronte e l'altra di schiena; sono allineate testa contro testa, separate da uno spazio che non reca tracce corporee. Sono di colore più scuro di quello del telo. Appare dunque che l'Uomo della Sindone fu adagiato sulla metà inferiore del telo (immagine dorsale), e fu ricoperto con l'altra metà ripiegata su di lui (immagine frontale). L'immagine appare essere la proiezione verticale della figura dell'Uomo della Sindone, e non quella che si otterrebbe stendendo un lenzuolo a contatto con il corpo (ad esempio il viso dovrebbe apparire molto più largo).

L'immagine, come si scoprì nel 1898 quando la Sindone fu fotografata per la prima volta, è più comprensibile nel negativo fotografico. Il corpo raffigurato appare quello di un maschio adulto, con la barba e i capelli lunghi. L'Uomo della Sindone presenta numerose ferite: le più evidenti sono le ferite ai polsi e agli avampiedi, compatibili con l'ipotesi che vi siano stati piantati dei grossi chiodi, e una larga ferita da taglio al costato. Inoltre le ferite sul capo corrispondono alla presenza di un casco di spine mentre, sul dorso, ferite da sfregamento sono compatibili con una grossa e rozza trave portata a spalle. Sono state inoltre rinvenute in corrispondenza dei piedi e del naso tracce di terra compatibili con una caduta dalla quale deriverebbe la rottura del setto nasale. Il tutto corrisponde alla tradizionale iconografia di Gesù e al resoconto evangelico della crocifissione.[8]

Il dibattito sull'autenticità

L'autenticità della Sindone — vale a dire se essa sia o no il vero lenzuolo funebre di Gesù — è stata a lungo dibattuta: vi sono state dispute al riguardo già nel XIV secolo (vedi Storia della Sindone).

Le discussioni sono riprese alla fine del XIX secolo, quando la prima fotografia della Sindone ha rivelato le particolari caratteristiche dell'immagine e ha suscitato l'interesse degli studiosi su di essa. I numerosi studi scientifici eseguiti da allora non sono serviti a chiarire in modo definitivo la questione, ma solo ad accendere maggiormente il dibattito nel quale si "scontrano" studiosi convinti che la Sindone sia una reliquia e studiosi altrettanto convinti che invece sia icona, un raffigurazione artistica. Tra le parti sorgono critiche accese sull'operato dei ricercatori della parte avversa, dibattito che migra sul confronto di convinzioni religiose ed antireligiose. Vi sono tuttavia "scettici" anche tra i cristiani e viceversa ci sono non cristiani convinti che essa sia autentica[9].

Ad alimentare il dibattito, s'è aggiunta la supposizione della grafica statunitense Lillian Schwartz, docente alla "School of Visual Arts" di New York, la quale afferma di aver scoperto che il volto della Sindone combacerebbe con quello di Leonardo Da Vinci e che quel lenzuolo rappresenterebbe dunque un esperimento di tecniche pre-fotografiche ideate dal genio rinascimentale.[10]

Tale tesi, però, sarebbe sfatata dalla datazione della sindone di Lirey che anticipa la nascita di Leonardo di quasi un secolo, ma che comunque supera quella di Cristo di oltre un millennio.

La vivacità di un dibattito che dura da più di un secolo rende ancora attuale, anzi forse più che mai, il commento che Yves Delage fece nel 1902[11]:

«Si è introdotta senza necessità una questione religiosa in un problema che, in sé, è puramente scientifico, con il risultato che le passioni si sono scaldate e la ragione è stata fuorviata.»

La Chiesa cattolica in passato si è espressa ufficialmente sulla questione dell'autenticità, prima in senso negativo (nel 1389 il vescovo di Troyes inviò un memoriale al papa, dichiarando che il telo era stato "artificiosamente dipinto in modo ingegnoso", e che "fu provato anche dall'artefice che lo aveva dipinto che esso era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto". Nel 1390 Clemente VII emanò di conseguenza quattro bolle, con le quali permetteva l'ostensione ma ordinava di "dire ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del Sudario"[12]) e poi, ribaltando il giudizio, in senso positivo (nel 1506 Giulio II autorizzò il culto pubblico della Sindone con messa e ufficio proprio[13][14]). Attualmente non si esprime ufficialmente sulla questione dell'autenticità, lasciando alla scienza il compito di esaminare le prove a favore e contro, ma ne autorizza il culto come reliquia o icona della Passione di Gesù. Diversi pontefici moderni, da papa Pio XI a papa Giovanni Paolo II, hanno inoltre espresso il loro personale convincimento a favore dell'autenticità.[15]

Le chiese protestanti considerano invece la venerazione della Sindone, e delle reliquie in genere, una manifestazione di religiosità popolare di origine pagana, estranea al messaggio evangelico.

In un documento del 2005, firmato da 24 studiosi del telo, oltre ad essere riportate le diverse informazioni sulla Sindone disponibili, veniva sottolineato come nessuna delle riproduzioni realizzate fosse riuscita a ricreare tutte le caratteristiche del telo.[16]

Studi scientifici

File:Shroud-of-Turin-1898-photo.jpg
La prima foto della Sindone, scattata nel 1898, sia in negativo (basso) che in positivo (alto).
Il volto dell'Uomo della Sindone nel negativo fotografico.

Sulla sindone, nel tempo, sono stati condotti diversi studi e sono state esposte diverse ipotesi

  • Formazione dell'immagine: si sono fatte molte ipotesi sulla formazione dell'immagine della Sindone, nessuna ad oggi conclusiva
  • Esami sul presunto sangue: i primi esami, eseguiti nel 1973, non rilevarono la presenza di sangue nelle macchie visibili sulla Sindone. Gli esami successivi, svolti a partire dal 1978 con tecniche più moderne, condotte dal microscopista Walter McCrone condussero a risultati analoghi e stante il ritrovamento di pigmenti McCrone arrivò alla conclusione che si trattava di un dipinto[17]. I lavori di McCrone furono tuttavia respinti dallo STURP. Successivamente John Heller e Alan Adler[18][19] affermarono di avere rilevato la presenza di emoglobina.[20].
  • Esame del Carbonio 14: La datazione radiometrica con la tecnica del Carbonio 14, eseguita contemporaneamente e indipendentemente nel 1988 dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, ha dato come risultato l'intervallo di tempo compreso tra il 1260 e il 1390[1], periodo corrispondente all'inizio della Storia della Sindone certamente documentata.
  • Esame medico-legale: la posizione del corpo non appare in linea con ciò che avviene in un cadavere[21]. Le mani sono sovrapposte sul pube, ma in un morto ciò non è possibile, poiché la posizione richiede che i muscoli siano in tensione oppure che le mani siano legate (ma sulla sindone non c'è traccia di legacci)[21]. Il rigor mortis (tesi ad esempio sostenuta da Emanuela Marinelli[22]) non giustifica la posizione poiché se i muscoli di un cadavere vengono forzati, questi si rilassano[21].
  • Esame del tessuto: il tessuto della Sindone è di lino filato a mano. Le fibre sono intrecciate con torcitura "Z", cioè in senso orario, con trama 3:1. Da un punto di vista archeologico le sindoni giudaiche del I° secolo conosciute sono diverse da quella di Torino[21] per tessuto, tessitura, torcitura del filo e disposizione intorno al corpo.
  • Esame palinologico: secondo il criminologo svizzero Max Frei Sulzer, sul tessuto della Sindone sono presenti pollini di diverse specie vegetali specifiche della Palestina e dell'Asia Minore. Il transito della Sindone per questi paesi concorda con la ricostruzione proposta per la storia della Sindone anteriore al XIV secolo. Il lavoro è stato tuttavia criticato pesantemente sia nelle conclusioni (per l'impossibilità di determinare le specie di polline ma solo il genere o la famiglia) sia nelle premesse (impossibilità dei pollini di conservarsi per centinaia di anni).
  • Datazione chimica: Raymond Rogers ha proposto un metodo chimico di datazione della Sindone basato sulla misura della vanillina presente nel tessuto. Secondo la sua stima, la datazione della Sindone sarebbe compresa all'incirca tra il 1000 a.C. e il 700 d.C.. Lo studio però non è ritenuto attendibile: la quantità di vanillina attesa dipende però dal valore medio della temperatura dell'ambiente in cui la Sindone è stata conservata: una variazione di pochi gradi del valore effettivo corrisponderebbe ad uno slittamento di qualche secolo nella datazione. Per dimostrare l'efficacia di questo metodo di datazione e provare, quindi, la discrepanza tra età radiocarbonica ed età da vanillina residua, Rogers doveva prima datare in modo indipendente i suoi campioni sindonici. Inoltre, visto che la vanillina si disperde in base alla temperatura circostante, Rogers doveva stabilire con esattezza quali condizioni climatiche o di (sur)riscaldamento aveva subito la reliquia negli anni. Qui la sperimentazione del chimico americano è particolarmente debole[23].
Dettaglio delle mani. Non c'è accordo tra gli studiosi sulla posizione precisa della ferita; secondo alcuni sarebbe nello spazio tra ulna e radio appena retrostante il polso, come in una crocifissione romana.

Riproduzioni sperimentali

Lo stesso argomento in dettaglio: Ipotesi sulla formazione dell'immagine della Sindone.

Diversi studiosi hanno lavorato sulla riproduzione di manufatti con le caratteristiche della Sindone, utilizzando vari metodi per poter spiegare quale sia stato il processo di formazione dell'immagine:

  • Joe Nickell ha "dipinto" un'immagine senza usare pennelli, stendendo un lenzuolo sul corpo di un uomo sdraiato e strofinandolo con un pigmento liquido a base di ocra rossa[24].
  • Rodante, Moroni e Delfino-Pesce hanno utilizzato il metodo del bassorilievo riscaldato[25].
  • Nicholas Allen ha usato la tecnica fotografica[26].
  • Giulio Fanti e collaboratori hanno colorato delle fibre di lino usando un laser a eccimeri. Si tratta della fase preliminare di una ricerca tesa a provare l'ipotesi che l'immagine della Sindone sia stata generata da una radiazione emessa dal corpo umano avvolto in essa[27].
  • Luigi Garlaschelli ha usato un metodo derivato da quello di Nickell, aggiungendo ad un pigmento una soluzione di acido solforico che ha reagito chimicamente con le fibre del tessuto creando l'immagine, mentre il pigmento è stato poi eliminato sottoponendo il telo a invecchiamento artificiale e successivo lavaggio[28][24].

La Sindone e l'iconografia di Gesù

Ritratto di Gesù (a sinistra) su una moneta bizantina (solidus), VII secolo.
Un altro ritratto di Gesù su un solidus della stessa epoca.

Nella sua raffigurazione tradizionale, Gesù è rappresentato con la barba e i capelli lunghi, come sulla Sindone. Alcuni studiosi suggeriscono che la Sindone fu in effetti il modello da cui questa raffigurazione fu ricavata (il che dimostrerebbe una sua origine molto anteriore al XIV secolo)[22].

I sostenitori dell'autenticità affermano l'esistenza di notevoli coincidenze, anche in alcuni particolari specifici, tra il volto sindonico e questo ritratto, che si afferma soprattutto a partire dal VI secolo, in concomitanza con la presunta riscoperta del Mandylion a Edessa. Essi fanno notare, inoltre, come le più antiche raffigurazioni del Mandylion mostrino un volto monocromo su tela simile a quello della Sindone[22].

Anche alcune specifiche forme di rappresentazione, come l'imago pietatis (raffigurazione del Cristo morto che sporge dal sepolcro in posizione eretta fino alla vita, con le mani incrociate davanti, in uso dal XII secolo), e dettagli come la "curva bizantina" (la particolare posizione in cui veniva dipinto Gesù crocifisso), si possono spiegare in riferimento alla Sindone[29].

Ovviamente la somiglianza dell'Uomo della Sindone con l'iconografia precedente alle prime prove documentali dell'esistenza del telo, potrebbe semplicemente essere dovuta alla sua realizzazione medievale, quando questa iconografia sarebbe stata perfettamente nota anche a chi avesse prodotto la reliquia, indipendentemente dai metodi impiegati.

Oggetti analoghi alla Sindone

Il Sudario di Oviedo

Lo stesso argomento in dettaglio: Sudario di Oviedo.

La Sindone è stata comparata con il presunto sudario di Gesù conservato nella cattedrale di Oviedo in Spagna. Questo è un telo molto più piccolo della Sindone (circa 84x53 cm), che non presenta alcuna immagine, ma solo macchie di sangue.

È stato ipotizzato da chi sostiene l'autenticità sia di questa reliquia sia del telo di Torino, che questo sudario sia stato posto sul capo di Gesù durante la deposizione dalla croce, e poi rimosso prima di avvolgere il corpo nella Sindone, avendo quindi il tempo di macchiarsi di sangue, ma non quello per subire lo stesso processo di formazione dell'immagine della Sindone, qualunque questo sia stato. Il sudario sarebbe stato conservato a Gerusalemme fino al 614, poi trasportato in Spagna attraverso il Nordafrica; custodito prima a Toledo, venne trasportato ad Oviedo tra l'812 e l'842.

Secondo Baima Bollone, che ritiene di aver individuato tracce di sangue nella Sindone durante gli esami del 1978, anche il gruppo sanguigno delle tracce presenti sul sudario corrisponde con quello rilevato sulla Sindone (gruppo AB), e un'analisi comparativa del DNA da lui effettuata avrebbe rilevato profili genetici simili. Secondo Alan Whanger, ci sarebbero ben 120 punti di contatto tra la disposizione delle macchie sul Sudario e di quelle sul volto e sulla nuca dell'immagine sindonica.

La tessitura del telo con torcitura "Z" e la dimensione delle fibre sono del tutto analoghi a quelli della Sindone. Inoltre Max Frei ha studiato i pollini presenti sul tessuto, identificando tredici piante, di cui nove crescono in Palestina; il che ne avvalora la provenienza da Gerusalemme. Non è rappresentato il gruppo delle piante dell'Anatolia e di Costantinopoli, a conferma del diverso tragitto compiuto verso l'Europa.

La datazione con il Metodo del carbonio-14 ha datato il Sudario come risalente al 680 circa, data compatibile con le prime testimonianze storiche documentate dell'esistenza del Sudario in Europa.[30]

Se venisse provato che il Sudario e la Sindone hanno la stessa origine, verrebbe smentita la datazione medievale del carbonio 14 della seconda, in quanto il Sudario è certamente molto più antico, sia per la sua presenza documentata ad Oviedo sia per la sua datazione con il carbonio 14, che farebbe risalire entrambe le relique al VII secolo, periodo comunque nettamente successivo a quello in cui è vissuto Gesù.

Il Mandylion

Lo stesso argomento in dettaglio: [[Mandylion]] e [[[[Storia della Sindone#Mandylion|Storia della Sindone § Mandylion.

Il Mandylion o "Immagine di Edessa" era un telo conservato dapprima a Edessa (oggi Urfa, in Turchia) almeno dal 544, poi dal 944 a Costantinopoli. Le fonti lo descrivono un fazzoletto che recava impressa in modo miracoloso l'immagine del viso di Gesù. Nel 944, dopo che Edessa era stata occupata dai musulmani, i bizantini trasferirono il mandylion a Costantinopoli: qui rimase fino al 1204, quando la città venne saccheggiata dai crociati, molte reliquie vennero trafugate e del sacro fazzoletto si persero le tracce.

Come si è accennato sopra, alcuni ritengono che il Mandylion fosse la Sindone piegata in otto e chiusa in un reliquiario, in modo da lasciare visibile solo l'immagine del viso: questa ipotesi è la più accreditata dagli studiosi che tentano di ricostruire la storia della Sindone precedente al 1353.[31][1]

Questa ipotesi è però contestata da altri autori (ad esempio Lawrence Sudbury[32]), in base ad alcune fonti storiche che parlano di Sindone e Mandylion come di due oggetti distinti: Robert de Clary, ad esempio, nella sua opera La conquête de Constantinople li menziona come entrambi presenti e venerati a Costantinopoli, durante la IV crociata, ma in due luoghi separati. A sostegno di tale ipotesi starebbe il fatto che il Mandylion era esposto alla venerazione dei fedeli e appare assai improbabile che la Sindone fosse, con grave ingombro, mantenuta ripiegata in modo da far vedere il solo volto di Gesù.

La tesi che afferma l'esistenza di due tipologie di raffigurazioni (una parziale: volto; una integrale: volto e corpo), non esclude comunque che uno dei due Mandylia potesse concretamente coincidere con la attuale Sindone. Non si dimentichi che in effetti il vangelo di Giovanni parla dei lini e del sudario posto sul volto, di tal che l'esistenza di due raffigurazioni del volto del crocifisso, può assai semplicemente essere ricondotta alla duplicità dei teli che ne coprirono la figura.

Se da un lato, in ogni caso, si deve sottolineare come la descrizione del Mandylion si confonda, a tratti, con quella degli altri Sacri Volti di cui parlano le fonti, in termini persino leggendari, dall'altro depongono, in maniera significativa, a favore dell’identificazione fra l’antico Mandylion di Edessa - descritto come non dipinto da mano d’uomo, ma prodottosi miracolosamente a contatto con il volto di Gesù - e la Sindone, le recenti scoperte del prof. Zaninotto, che indica in tal senso due documenti di eccezionale interesse. L’uno è un resoconto dell’arrivo del Mandylion a Costantinopoli nel 944 d. C. - resoconto sostanzialmente coevo, risalente al X secolo, compilato da “Gregorio arcidiacono e referendario della grande Chiesa di Costantinopoli” (di Santa Sofia) - in cui, parlandosi del Sacro Volto pervenuto da Edessa nella capitale, si specifica (per la prima volta, nei documenti giunti sino a noi) la presenza, su quel telo, di “gocce del sangue sgorgato dal suo (di Cristo n.d.r.) stesso fianco” (Cod. Vat. Gr. 511, fogli 143-150 v.). Dunque su un Mandylion non si era impresso, misteriosamente, il solo volto del Cristo, ma (quantomeno) anche il tronco, sino all'altezza del costato trafitto da un colpo di lancia.

L’altra testimonianza è desumibile dal Codex Vossianus latinus (Q 69),conservato nella biblioteca della Rijksunversiteit di Leida. Trattasi di un manoscritto, anch’esso del X secolo, che riporta un racconto dell’VIII secolo, proveniente dall’area siriaca, tradotto in latino dall’archiatra Smirna. Più esplicito ancora dell’arcidiacono Gregorio, l’archiatra ricorda che sul Mandylion è riportata l’impronta di tutto il corpo del Cristo([tantum non] figuram faciei sed totius corporis figuram poteris cernere). Le antiche fonti - pur contraddittorie nella descrizione degli eventi che diedero luogo alla miracolosa immagine del Cristo – definiscono questo telo: tretradyplon e cioè quattro volte doppio. Dunque, piegato otto volte.

Dipanando il logico senso delle emergenze documentali sopra riassunte, non sembra azzardato concludere che uno dei Mandylia (se realmente due erano i teli) raffigurava il solo volto, qualora piegato in otto; risultava invece essere un sudario completo su cui appariva impressa l'immagine di tutto il corpo (nudo, anche se con il pube coperto dalle mani, e forse per questa ragione ritenuto non liberamente ostensibile) del defunto crocifisso, se dispiegato quattro volte per due.[senza fonte]

Il velo della Veronica

Lo stesso argomento in dettaglio: Velo della Veronica.

Una leggenda sostiene che una donna, di nome Veronica, asciugò il volto di Gesù con un panno durante la sua salita al Calvario; sul panno si impresse miracolosamente l'immagine del volto. Questo racconto è talmente noto che l'incontro di Gesù con la Veronica è una delle tradizionali stazioni della Via crucis.

Fino al 1600 circa si conservava a Roma il presunto velo della Veronica; ne fa menzione anche Dante nella Divina Commedia (Paradiso XXXI, 103-108). È stato ipotizzato che si trattasse della stessa immagine oggi nota come Volto Santo di Manoppello, comune in provincia di Pescara.[senza fonte]

La Sindone di Besançon

A Besançon, in Francia, a circa 200 km da Lirey, si trovava un'altra Sindone; sembra che vi fosse giunta nel 1208. Era più piccola della Sindone di Torino (1,3x2,6 m) e mostrava solo l'immagine anteriore. Era oggetto di un'intensa venerazione, meta di pellegrinaggio ed era ritenuta miracolosa. La Sindone di Besançon scomparve in un incendio nel 1349, ma nel 1377 i canonici della cattedrale annunciarono di averla ritrovata intatta in un armadio. Nel 1794 andò definitivamente distrutta durante la Rivoluzione francese.[33]

Alcuni storici ipotizzano che questa, e non quella di Torino, fosse la Sindone che veniva esposta a Costantinopoli fino al 1204; Altri[34] ipotizzano invece che la Sindone scomparsa nell'incendio del 1349 fosse quella di Torino (l'incendio in cui venne data inizialmente per distrutta precede di pochissimi anni la comparsa di quest'ultima a Lirey) e che quella "ritrovata" nel 1377 fosse una copia; altri ancora ipotizzano che proprio la Sindone di Torino fosse una copia effettuata per sfruttare la fama di quella della vicina Besançon ed attirare quindi a Lirey i pellegrini, dubbi che, dopo la prima ostensione del 1357, portarono il vescovo di Troyes, Enrico di Poitiers, a chiedere, senza successo, di esaminare il telo, che venne tenuto nascosto fino al 1389.[33]

Copie della Sindone

Sono note circa 50 copie della Sindone, eseguite da vari pittori in diverse epoche. Una tra le più note, realizzata nel 1516 e conservata a Lier in Belgio, è attribuita ad Albrecht Dürer, ma questa attribuzione è controversa[35].

In nessun caso queste copie sono confondibili con l'originale: i segni della pittura sono evidenti, l'immagine ha contorni netti anziché sfumati, spesso vi sono distorsioni anatomiche. Inoltre in molti casi sul lenzuolo è esplicitamente scritto che si tratta di una copia, la data di realizzazione e, a volte, che fu "consacrata" ponendola a contatto con l'originale. Alcune poi non sono nemmeno in grandezza naturale: ad esempio la copia di Lier è un terzo della grandezza.[senza fonte]

Il Graal

Recentemente lo storico Daniel Scavone ha avanzato l'ipotesi che il Graal, il misterioso oggetto protagonista delle più celebri leggende medievali, non fosse altro che la Sindone[36].

Scavone ipotizza che la leggenda del Graal sia stata ispirata dalle frammentarie notizie giunte in Occidente di un oggetto legato alla sepoltura di Gesù e che ne "conteneva" il sangue; si pensò quindi che si trattasse di una coppa o di un piatto, le forme in cui il Graal è solitamente rappresentato.

A supporto di questa teoria Scavone nota che, secondo alcune fonti, il Graal offriva una particolare "visione" di Cristo nella quale egli appariva prima come bambino, poi via via più grande, infine adulto: egli ipotizza che queste fonti riportassero, in modo impreciso, un rituale nel quale la Sindone veniva dispiegata gradualmente (in latino gradalis, da cui secondo questa ipotesi deriverebbe la parola "Graal") e la sua immagine era resa visibile, man mano che il rito procedeva, in misura sempre maggiore, fino ad essere mostrata nella sua interezza.

Inoltre, secondo le sue ricerche, la notizia secondo la quale Giuseppe d'Arimatea (indicato dalla tradizione come custode del Graal) avrebbe raggiunto la Gran Bretagna deriverebbe da un'errata lettura della parola Britio, nome del palazzo reale di Edessa, che sarebbe stata fraintesa per Britannia; il "Britannio rege Lucio" citato da una fonte del VI secolo sarebbe in realtà Abgar VIII, re di Edessa (177-212), che aveva assunto il nome latino di Lucio Elio (o Aurelio) Settimio. Questa teoria si accorda quindi con quella dell'identificazione tra Mandylion e Sindone.

La Sindone nella cultura popolare

Al pari di altre reliquie della religione cristiana particolarmente note, la Sindone negli ultimi anni è stata citata o utilizzata nelle opere di diversi scrittori e sceneggiatori.

Nel romanzo Il codice dell'apocalisse di Andrea Carlo Cappi e Alfredo Castelli, che ha come protagonista il personaggio dei fumetti italiani Martin Mystere, la Sindone esposta a Torino è in realtà una copia effettuata da Leonardo da Vinci (grazie alla conoscenza della camera oscura) alla fine del XV secolo, realizzata per permettere alla chiesa di custodire con più sicurezza quella precedentemente esposta. Nel romanzo Leonardo non si limita a farne una mera copia, ma, tramite un antico libro di magia risalente al tempo di Atlantide, rende questa un oggetto magico in grado di "catalizzare" le preghiere dei fedeli che l'adorano, di valenza benefica, ed impiegarle per allontanare le forze malvage da Torino. Nel libro un demone, Belial, proclamatosi "Signore del Male", che sta cercando da secoli di scatenare l'Apocalisse, cercherà di disattivarne i poteri, in modo da poter aprire un portale con gli Inferi e far giungere sulla Terra altre creature demoniache.

Note

  1. ^ a b c d e f g h Il sacro lino: una storia controversa dal sito dell'Enciclopedia Italiana Treccani.
  2. ^ Vedi Storia della Sindone#Mandylion.
  3. ^ Vedi Giovanni Giovanni 20, 6-7.
  4. ^ Giulio Ricci, L'uomo della Sindone è Gesù, 1989, p. 22.
  5. ^ Giacomo Galeazzi, "La Sindone appartiene allo Stato italiano", in La Stampa, Torino, 26 maggio 2009.
  6. ^ Atto di sindacato ispettivo. 09 giugno 2009, n. 4-01563. Senato della Repubblica Italiana.
  7. ^ Giacomo Galeazzi, Sindone, la proprietà finisce in Parlamento, in La Stampa, Torino, 28 maggio 2009.
  8. ^ [www.icfalcone.it/elaborati/religioni/sindone.doc Vedi pagine 11-12]
  9. ^ Ad esempio, tra gli autenticisti Alan Adler e Barrie Schwortz, due membri dello STURP, sono ebrei, mentre Yves Delage, autore di uno dei primi studi scientifici nel 1902, era agnostico.[senza fonte]
  10. ^ Studio Usa: Sulla Sacra Sindone Il Volto Di Leonardo Non Di Gesù, su it.notizie.yahoo.com, Yahoo! Notizie, 01-07-09. URL consultato il 13-07-09.
  11. ^ Emanuela Marinelli, Sindone, un'immagine "impossibile", edizioni San Paolo (1998)
  12. ^ Eugenia Tognotti, Gli scienziati credono nel dubbio, su www3.lastampa.it, La Stampa, 10-04-2010. URL consultato il 13-04-2010.
  13. ^ Giuseppe Berta,"Della Sacra Sindone di nostro signore Gesù Cristo"presso i fratelli Reycend,1842
  14. ^ Pierluigi Baima Bollone,"Sindone la prova",Oscar Mondadori, 1998
  15. ^ Il 5 settembre 1936 papa Pio XI distribuì a ad un gruppo di giovani dell'Azione Cattolica delle immagini del volto della Sindone dichiarando: «Non sono proprio immagini di Maria SS., ma [...] del Divin Figlio suo [...]. Esse vengono proprio da quell'ancor misterioso oggetto, ma certamente non di fattura umana, questo si può dir già dimostrato, che è la santa Sindone di Torino...» (L'Osservatore Romano, 7 settembre 1936). Papa Pio XII, radiomessaggio inviato al termine del Congresso Eucaristico Nazionale del 1953: «Torino [...] custodisce come prezioso tesoro la Santa Sindone che mostra [...] l'immagine del corpo esanime e del Divino Volto affranto di Gesù». Papa Giovanni XXIII, al termine di un colloquio con i gruppi "Cultores Sanctas Sindonis" che gli avevano presentato delle foto della reliquia, ripeté più volte, scandendo le parole: «Digitus Dei est hic!» (16 febbraio 1959). Papa Giovanni Paolo II, dopo l'ostensione privata avvenuta il 13 aprile 1980 in occasione della sua visita a Torino: «La Sacra Sindone, singolarissima testimone - se accettiamo gli argomenti di tanti scienziati - della Pasqua, della passione, della morte e della risurrezione. Testimone muto ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente» (L'Osservatore Romano, 14-15 aprile 1980). Stralcio di un discorso tenuto a Roma da Wojtyla il 20 aprile successivo: «la cattedrale di Torino, il luogo dove si trova da secoli la Sacra Sindone, la reliquia più splendida della passione e della risurrezione» (L'Osservatore Romano, 21-22 aprile 1980).
    Citazioni tratte da Gino Moretto, Sindone - La guida, Editrice Elle Di Ci 1998.
  16. ^ www.shroud.com/pdfs/doclist.pdf
  17. ^ McCrone, Walter C, "Microscopical study of the Turin Shroud", Wiener Berichte über Naturwissenschaft in der Kunst. 1987
  18. ^ John H. Heller, Alan D. Adler, Blood on the Shroud of Turin, Applied Optics 19(16), 2742 (1980)
  19. ^ John H. Heller, Alan D. Adler, A chemical investigation of the Shroud of Turin, Canadian Society of Forensic Science Journal 14(3), 81 (1981)
  20. ^ Si obietta tuttavia che Heller e Adler per le loro ricerche fecero uso del test delle porfirine che tuttavia non è un test specifico del sangue e che darebbe risultati positivi anche su un vegetale. Cfr. Micromega, 4/2010, Articolo di Luigi Garlaschelli, pag. 27 e ss.
  21. ^ a b c d Micromega, 4/2010, Articolo di Luigi Garlaschelli, pag. 27 e ss.
  22. ^ a b c Emanuela Marinelli, Sindone, un'immagine "impossibile", cit. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "marinelli" è stato definito più volte con contenuti diversi
  23. ^ http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=102011#Punto_3_le_analisi_chimiche_di_Rogers Sulle analisi chimiche di Rogers]
  24. ^ a b "Ecco come ho riprodotto la Sindone in laboratorio", sito del CICAP, 10 ottobre 2009 [1]
  25. ^ Aldo Guerreschi, The Turin Shroud and photo-relief technique (2000) [2], p.3.
  26. ^ Nicholas P.L. Allen, Verification of the Nature and Causes of the Photo-negative Images on the Shroud of Lirey-Chambéry-Turin [3]; The methods and techniques employed in the manufacture of the Shroud of Turin, Unpublished D.Phil. thesis, University of Durban-Westville (1993); Is the Shroud of Turin the first recorded photograph?, The South African Journal of Art History, November 11, 23-32 (1993); The Turin Shroud and the Crystal Lens, Empowerment Technologies Pty. Ltd., Port Elizabeth, South Africa (1998)
  27. ^ Giuseppe Baldacchini, Paolo Di Lazzaro, Daniele Murra, Giulio Fanti, Coloring linens with excimer lasers to simulate the body image of the Turin Shroud, Applied Optics 47(9), 1278 (2008)
  28. ^ Philip Pullella, Italian scientist reproduces Shroud of Turin, Reuters, 5 ottobre 2009 [4]; Laura Laurenzi, Sindone. È un falso medievale. Ecco la prova, La Repubblica, 5 ottobre 2009 [5]
  29. ^ Emanuela Marinelli, cit., p.92-95.
  30. ^ Luigi Garlaschelli, Processo alla Sindone, Avverbi Edizioni, 1998, pag 118
  31. ^ Ian Wilson, The Shroud of Turin, Image Books, New York, 1979.
  32. ^ Lawrence M.F. Sudbury, Non per mano d'uomo?, Napoli, Boopen, 2007, ISBN 978-88-6223-070-4
  33. ^ a b Luigi Garlaschelli, Processo alla Sindone, Avverbi Edizioni, 1998, pag 13 e seguenti
  34. ^ Daniel Scavone, Objections to the Shroud's authenticity: the radiocarbon date (1993) [6]
  35. ^ Remi van Haelst, The Red Stains on the Lier and Other Shroud Copies [7]
  36. ^ Daniel Scavone, Joseph of Arimathea, the Holy Grail and the Turin Shroud (1996) [8]; Joseph of Arimathea, the Holy Grail and the Edessa Icon, Arthuriana 9, 4, p.3 (1999); Collegamento Pro Sindone (2002) [9]

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Bibliografia

Lo stesso argomento in dettaglio: Bibliografia sulla Sindone di Torino.

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